Qualche giorno fa mentre stavo mettendo in borsa i documenti della mia bimba ho pensato “mia figlia è spagnola”…bella scoperta…mio marito è spagnolo e viviamo da più di 10 anni in questo paese, di che nazionalità dovrebbe essere se non spagnola? E grazie al fatto che sia nata qui porta come tutti gli spagnoli due cognomi, quello di mio marito ed il mio.
Mia figlia appartiene al folto gruppo di bimbi che sono nati grazie agli incontri avvenuti durante il programma Erasmus iniziato ormai quasi 30 anni fa. Grazie a questo progetto milioni di giovani universitari europei si sono spostati in un altro paese per studiare e quasi un terzo di loro hanno incontrato un fidanzato o un marito come è capitato a me.
Tempo fa avevo letto un articolo nel quale si riportava uno studio della Commissione Europea che parlava di un milione di bambini figli di ex-erasmus e ne ero rimasta impressionata.
Sono passati molti anni dal giorno in cui partii per la Francia (si ho detto bene la Francia non la Spagna). Ricordo perfettamente quel pomeriggio d’autunno in cui arrivai con la mia enorme valigia all’aeroporto di Parigi dopo un volo a dir poco spaventoso (tuttora penso sia stato il peggiore della mia vita, mi ero presa veramente un grande spavento) e cercai il treno che mi avrebbe portata nei Paesi della Loira. In stazione venne a prendermi la ragazza francesce con la quale avrei condiviso un appartamento durante un anno. E lì cominciò una bellissima avventura. Il nostro gruppo era molto variopinto, c’eravano noi, le ragazze italiane, le spagnole e gli spagnoli che non sapevano una parola di francese, i francesi che ci facevano conoscere orgogliosi la loro terra, le ragazze polacche, il norvegese che ci insegnava a pattinare sul ghiaccio, gli ungheresi, le austriache…. In quei mesi lontana da casa ho conosciuto la Francia, i francesi, gli aneddoti degli altri compagni di studio, migliorato la mia conosenza linguistica, studiato e fatto festa.
Tutti noi abbiamo portato a casa moltissimo da questa esperienza. Abbiamo imparato ad essere indipendenti, a cavercela da soli a 20 anni in un paese straniero, a conoscere e rispettare altre culture, ad aprirci al mondo, ad aprire la mente ed il cuore alla diversità e ad amarci nonostante le differenze. Sono orgogliosa e felice di avere avuto l’occasione di parteciparvi. Per me questa esperienza è stata importantissima ed illuminante, senza di essa non sarei la persona che sono oggi.
Non ho mai pensato che la nazionalità o l’etnia fossero importanti per definirci, per questo mi piace pensare che la mia bimba non sia né italiana né spagnola ma europea. Che sia unione di due culture simili tra loro ma non uguali e mi piace soprattutto pensare che possa prendere da entrambe il meglio, vedere il mondo con due prospettive diverse e farne uno strumento per crescere felice e realizzarsi. Quando la sento parlare prima in spagnolo e poi in italiano o fare un mix delle due lingue nella stessa frase (con la simpatia e la dolcezza che solo una duenne può avere) sento che è fortunata e spero che possa fare tesoro di questa diversità che convive armoniosamente in lei. E se un giorno vorrà partire in Erasmus, io la incoraggerò.
Monica
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