Ciao Italia, i miei amici più cari sanno bene che durante un mio discorso faccio salti temporali improvvisi, si fa molta fatica a seguirmi. Questo per dire che è mia consuetudine passare da un argomento ad un altro con la stessa velocità in cui vostra madre vi tirava una ciabatta in testa quando la facevate incazzare. Quindi vi avviso che anche oggi accantonerò il racconto del mio arrivo in Australia per parlarvi del mio rientro sui banchi di scuola. Partiamo da un concetto di base molto semplice: io odio studiare. Ho iniziato a copiare alle elementari, non so se mi spiego! Un giorno, la maestra mi ha anche beccata in pieno, mi ha sgridata per bene. Sono andata a lamentarmi dalla maestra più anziana e alla fine, me la sono cavata alla grande….è stata sgridata lei.
Che bambina insolente.
La classica da buttare giù da un dirupo durante la gita in montagna.
Oh, comunque, non sono mai stata bocciata in tutti gli anni scolastici. Con un calcio nel sedere ce l’ho sempre fatta. I professori delle superiori dicevano sempre: “una cara ragazza eh, simpatica ma non ha mai voglia di fare un cavolo”. Poi arriva il momento in cui la scuola non è un obbligo ma, una scelta presa con consapevolezza.
Sono proprio cretina. Me le cerco.
Era da un pò che volevo fare qualcosa per me, volevo andare a scuola per migliorare il mio inglese e in oltre aver la possibilità di trovare un lavoro diverso da quello da cameriera. Il lavoro da estetista l’ho accantonato da un pezzo, non ho avuto delle belle esperienze, diciamo che tutte le datrici di lavoro che ho incontrato erano pazze. Ci sono già io che ho il ciclo 30 giorni al mese, direi che può bastare. Un giorno qualunque decido di intraprendere questa nuova strada e nel giro di una settimana faccio l’iscrizione alla scuola per EARLY CHILDHOOD EDUCATION. Finalmente è arrivato quel giorno, la sveglia suona alle 7.45, trauma. Mio figlio come solito ha deciso di litigare con non so chi quella notte, devo decidermi a chiamare l’esorcista o prendermi una camera d’albergo. Dopo una colazione veloce ed essermi truccata per non assomigliare a Zio Fester mi dirigo verso la fermata del bus. Come sempre mi faccio il segno della croce prima di salirci, non capisco se fanno dei corsi particolari per la guida da rimbambiti qui in Australia o che cosa. Ogni volta mi sembra di stare in mare aperto durante una tempesta e io sulla zattera alla “Cast Away”.
Aiuto, non voglio morire, non mi sono ancora comprata quella borsa che ho visto in saldo.
Arrivo sana e salva e decido di fare i 2 piani di scale per arrivare alla reception. Pessima idea. Come diavolo fate a fare attività fisica la mattina? Per me dovrebbe essere illegale. La receptionist mi saluta e mi chiede come sto. Beh amica, potrei raccontarti la mia nottata, il mio risveglio traumatico, il mio viaggio da panico e la bell’idea di fare le scale. Sto mica troppo bene ma come sempre rispondo “Fine, thank you” tanto me lo chiede per gentilezza mica per interesse. Un gruppo di 15 ragazze e due ragazzi che aspettano, saranno i miei compagni ogni Martedì e Mercoledì. Ci dicono che possiamo accomodarci in classe così entriamo in quella che sarà la nostra aula per i prossimi 5 mesi. Profuma di fiori e c’è un tavolino allestito con acqua, tea, caffè, biscotti e pasticcini. Cacchio, vuoi dire che ho sbagliato corso? Sono finita nel corso di pasticceria? Ma in quale scuola trovi un’accoglienza del genere? Per prima cosa ci fanno compilare una pila di documenti.
“Abbiamo già iniziato con le verifiche? Chiedo l’aiuto del pubblico, anche il 50 e 50…Vabbè quasi quasi vado a casa”.
Sulla parete dietro la professoressa un cartello con una T in stile Superman con la scritta : “I teach, what’s your super power?” che vorrebbe dire: io insegno, qual’è il tuo super potere? Ma guarda, io ho l’ansia, se ti può bastare?!
Ad un certo punto una voce esterna, proviene non si sa da dove, “Oddio, è Dio che mi parla”. Ma tu pensa questi, hanno anche l’altoparlante per richiamare le persone. Ci vengono consegnati dei fogli, sono power point perché le lezioni verranno proiettate sulla lavagna. Mah, io ero rimasta al gesso. Sono vecchia, mi sento come mio nonno quando mi raccontava la sua vita durante la guerra. Ci portano a fare il giro della scuola, non è immensa, oltre al nostro corso fanno anche quello per lavorare come assistenti nelle case di riposo per anziani. La professoressa apre l’aula. Ci sono dei letti da ospedale e degli attrezzi per fare gli esercizi ma l’attenzione ricade su una poltrona.
Oddio un vecchio sdraiato. Ma si sente male? Che ci fa qui?
Ma è un manichino! Oltre che vecchia mi sento anche rincoglionita.
Parliamo dell’area ristorazione? Una cucina munita di fornelli, forni microonde, forni, lavelli e stoviglie. Quando andavo io alle superiori dovevi ringraziare Dio se avevi il banco e la sedia, di sicuro per la carta igienica dovevi pregare la bidella per averne un pezzo.
Torniamo in classe dalla professoressa Price, che con il suo cognome mi ricorda che “a tutto c’è un prezzo”. Ok, mi auto-elimino per la battuta oscena.
“Ragazzi adesso farete un test per sapere il vostro livello e se potete continuare il corso”
Io: ” Scusate, l’uscita?”
Come sempre mi faccio riconoscere. Un Test? Ecco mi sale l’ansia, vabbè ci provo al massimo mi dicono di andare a casa. Il mio livello è sufficiente, test superato, sono le 3.30pm e io posso correre a casa ad abbracciare il mio bambino. Il primo giorno è andato, come sempre la cosa più difficile è stata quella di alzarmi dal letto e ammettere che mio padre aveva ragione quando mi diceva che non si smette mai di studiare.
“Quand’è che iniziano le vacanze di Natale?”
A presto
Eve
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