Il bambino nasce, molto prima del parto, nella mente e nel cuore dei suoi genitori. Per nove mesi, la futura mamma e il suo compagno immaginano il piccino che verrà alla luce, fantasie che permettono non solo di dare “forma” al proprio bimbo, ma anche di “fare il punto” rispetto alla propria vita.
Come spiegano gli psicologi perinatali, i pensieri della futura mamma sono caratterizzati da un intrecciarsi tra passato, presente e futuro. “Le immagini del sé infantile e del sé adulto, della bambina che si era e del figlio che si avrà, della madre che si è avuta e della madre che si diventerà si fondono facendo sì che la donna viva una doppia identificazione con chi accudisce e con chi è accudito, ovvero con la propria mamma e con il bimbo in grembo”, spiega Alessandra Bortolotti, psicologa perinatale a Firenze. “Ciò determina un aumento notevole dell’attività mentale cosciente e fantastica, ma non solo. L’immaginario della donna in attesa si mescola con l’attività onirica durante la gravidanza, si intensifica e spesso verte proprio sul bebè”. È questo un periodo di intensa riflessione, di valutazione del passato e di progetti per il futuro, un’esperienza preziosa anche per rielaborare esperienze della propria infanzia.
“In questa fase”, commenta Cristina Fiore la futura mamma e il suo partner spesso rimettono in discussione le loro relazioni con i genitori per discostarsi da certi atteggiamenti (“Io non farò mai come loro”) o, al contrario, per assumere da loro modelli positivi. E dal passato le fantasie si spostano verso il futuro, e ci si interroga su che tipo di genitori si diventerà”.
Le tre fasi dei sogni
Con il trascorrere dei mesi e l’avvicinarsi del momento del parto, l’oggetto dei “sogni a occhi aperti” della futura mamma cambia. “L’immaginario della donna segue tre momenti ben distinti che corrispondono ai tre trimestri dell’attesa”, riprende Alessandra Bortolotti.
- Il primo stadio è caratterizzato dalla necessità di accettare ciò che sta accadendo. La futura mamma deve ancora “rendersi conto” che aspetta un bimbo. In genere, un momento importante è rappresentato dalla prima ecografia: il battito di quel piccolo cuore sembra dire che è “tutto vero”…
- Il secondo trimestre, con la comparsa dei primi calcetti, permette alla donna di iniziare a comunicare con il proprio bimbo e, in base ai movimenti, farsi un’idea del suo temperamento. È in questo periodo che la futura mamma inizia a interpretare i segnali del bambino, proprio come dovrà fare per soddisfarne le esigenze dopo la nascita.
- Nell’ultimo trimestre, l’attenzione si sposta dal bimbo al travaglio e le fantasie si concentrano su quanto accadrà in sala parto.
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E lui come la pensa?
Come in tutte le altre situazioni della vita, uomini e donne hanno un modo diverso di vivere emozioni e fantasie. E così, il bambino immaginato dalla futura madre non coincide con quello di papà. Mentre la donna tende a pensare al piccolo subito dopo il parto, le fantasie del compagno sono concentrate su un periodo successivo”, spiega Stefano Pozzi, psicologo a Milano. “La fantasia dell’uomo riguarda infatti non tanto la cura, l’accudimento del bebè, quanto l’interazione con lui. Per questo, in genere, il figlio sognato ha già 3-4 anni, è in grado di camminare e di farsi capire, di giocare e relazionarsi”.
Inoltre, essendo escluso dal legame fisico con il bebè, il futuro papà ha bisogno di più tempo per sentirsi coinvolto”, considera Cristina Fiore. “Vedere la pancia che cresce, poter sentire il piccolo che scalcia gli permette di entrare in rapporto con il bambino”. In questo senso può essere di grande aiuto anche l’ecografia, un esame che nei tre trimestri viene vissuto in modo diverso da uomo e donna: in genere, per il papà è un modo per “rendersi conto” che il bambino c’è davvero, mentre alla mamma serve soprattutto per tranquillizzarsi in merito alla salute del piccino.
“Caratteristico del futuro padre è, inoltre, il forte carico emotivo della responsabilità, nei confronti del piccolo che nascerà e della compagna che lo porta in grembo, che comincia a sentire già nell’attesa”, dice Stefano Pozzi.
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Maschio o femmina?
Questa è, naturalmente, una delle prime domande su cui si concentrano curiosità e aspettative dei futuri genitori. “Le fantasie sul sesso del bebè sono spesso collegate al sostrato socio-culturale della famiglia”, commenta Cristina Fiore. “In molti paesi c’è ancora l’aspettativa di un figlio maschio, ma se si tratta del secondogenito, si nutre in genere il desiderio di ‘fare la coppia’ e chi ha già un maschietto spera in una femminuccia e viceversa”.
Oggi, nella maggior parte dei casi, la curiosità sul sesso del nascituro è presto soddisfatta grazie all’ecografia o agli esami di diagnostica prenatale. Ma la tecnologia non cancella quella misteriosa capacità delle future mamme di ‘sentire’ se il maschio nel pancione è maschio o femmina…
“Per quanto riguarda, invece, il futuro papà si evidenzia la tendenza a immaginare un maschietto, in modo particolare per il primogenito: se il piccolo che nascerà è un maschio, per il padre è più semplice identificarsi e questo ha un effetto rassicurante”, spiega Stefano Pozzi. “Ciò non toglie, naturalmente, che una volta in sala parto il papà si innamori all’istante della sua bambina…”.
Un tempo per conoscersi
Ma le fantasie sono anche la via preferenziale per iniziare a conoscere il proprio bambino. “Dedicare tempo all’ascolto dei movimenti del bebè nel pancione, immaginare che cosa sta facendo, come si muove, di che umore è non significa soltanto fantasticare, ma è un modo per relazionarsi con il proprio bimbo”, dice Cristina Fiore. “Vari studi hanno dimostrato l’importanza di questa conoscenza per il futuro rapporto madre-figlio e anche per il benessere fetale”. La comunicazione nei nove mesi, l’immaginazione, l’ascolto rendono meno brusco, al momento del parto, il passaggio dal bambino immaginato al bambino reale. Se tra la mamma e il suo piccolo c’era già una relazione, se la donna ha sfruttato il tempo dell’attesa per conoscere il proprio piccino, la nascita non rappresenta un primo incontro ma un re-incontro, un ritrovarsi, supportato da una possibilità di conoscenza nuova, quella offerta dalla vista.
“Con il parto si ha un’inversione di tendenza nel rapporto tra fantasia e realtà”, continua Alessandra Bortolotti. “È nel momento della nascita che la realtà di un bambino, che si può toccare e col quale si può entrare direttamente in relazione, si fa largo profondamente rispetto alle fantasie che, fino a quel momento, erano state dominanti. Il parto rappresenta così un passaggio anche metaforico fra interno ed esterno e proprio per questo risulta essere un mimento da valorizzare al massimo, come occasione di presa di coscienza e di nascita anche di un’identità materna che, da quel punto, è reale a tutti gli effetti”.
Più razionali con la seconda gravidanza
Nella maggior dei casi, l’accentuata componente fantastica che caratterizza la prima gestazione tende a ridursi nelle attese successive: la mamma ha meno tempo da dedicare alle fantasie durante la sua seconda gravidanza, segnata dunque da una minore introspezione.
Per quanto riguarda l’immaginario della donna, diminuiscono le fantasie legate al proprio ruolo materno (e quindi i timori relativi alla propria capacità di “fare” la mamma) e il pensiero della donna è più concentrato sul parto, con ansie o aspettative più o meno positive a seconda di come è stata la prima esperienza.
Giorgia Cozza
Fonte: http://www.dolceattesa.com/gravidanza/le-fantasie-di-mamma-e-papa-sul-bimbo-che-verra_papa_psicologia/
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