12 ottobre 2016

Calabria

Calabria

Centri autorizzati che applicano le tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA):

Centro di Medicina della Riproduzione Nausicaa
88069 – Montauro Sc. – CZ
Livello centro: I
Telefono: 0967/577613
Responsabile: Dott. Saverio Sinopoli
Tipo di servizio: Privato
Inizio attività: 1994
Sito Web

 

C.B.R. Centro di Biologia della Riproduzione
Corso Garibaldi, 64 – 87012 – Castrovillari – CS
Livello centro: I
Telefono: 0981/26694
Responsabile: Dott.ssa Gangale Anna Maria
Tipo di servizio: Privato
Inizio attività: 2008

 

LIFE LAB – Studio Medico Specialistico di Riproduzione e Andrologia
Via Giuseppe Verdi, 82/D – Loc. c/da Commenda – 87036 – Rende – CS
Livello centro: II
Telefono: 0984/401269
Responsabile: Dott. Monterossi Carmelo
Tipo di servizio: Privato
Inizio attività: 2001

 

C.I.S. Medicina Della Riproduzione
Via G. Marconi, 257/B – 88046 – Lamezia Terme – CZ
Livello centro: II
Telefono: 0968/432530
Responsabile: Dott.ssa Rosalbino Isabella
Tipo di servizio: Privato
Inizio attività: 2007

 

BioMeeting s.r.l.
Via A. Gramsci, 9/A – 89123 – Reggio di Calabria – RC
Livello centro: II
Telefono: 0965/814551
Responsabile: Dott De Marte Giovanni
Tipo di servizio: Privato
Inizio attività: 2008

 

Gatjc S.a.s.
Via U. Foscolo, 53 – 89013 – Gioia Tauro – RC
Livello centro: II
Telefono: 0966/55653
Responsabile: Dott. Tripodi Umberto
Tipo di servizio: Privato
Inizio attività: 1993

Centri di livello I

Le tecniche di primo livello sono le tecniche più semplici, quelle che si attuano dopo un periodo di rapporti mirati senza successo, attraverso inseminazione artificiale con seme fresco omologo (= del marito) semplicemente introdotto in utero. Queste comprendono l’inseminazione intrauterina (IUI) intraperitoneale (IPI), intracervicale (ICI).

Centri di II e III livello

Le tecniche di secondo e terzo livello sono tecniche che prevedono una fecondazione al di fuori del corpo della donna, quindi “in vitro”, cioè vengono prelevati ovociti e sperma e vengono messi a contatto in provetta per ottenere embrioni (un massimo di tre, secondo la legge 40), che vengono poi trasferiti in utero per impianto e avvio della gravidanza; per questo gli ovociti devono essere prelevati dall’ovaio. Le più note ed usate sono la FIV-ET cioè la Fecondazione In Vitro e Trasferimento dell’Embrione e la ICSI, cioè la inseminazione intracitoplasmatica dello spermatozoo.

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Fonte: http://www.gravidanzaonline.it/infertilita/centri_pma/calabria.htm

Come gestire i figli quando mamma e papà si separano

La separazione è una decisione difficile e dolorosa per ogni coppia che si dice addio. E diventa ancora più difficile e complessa quando ci sono dei figli, soprattutto se ancora piccoli.
Il sogno della famiglia unita si sgretola, il desiderio di far crescere i propri figli in un ambiente sereno, felice e rilassato viene a mancare, almeno in un primo periodo.
E si soffre ancora di più all’idea di veder soffrire i propri figli per colpe che non gli appartengono.
E allora che fare? Come gestire questa situazione? Quando e come parlare con loro? E come gestire anche il post-separazione, la vita in due case diverse, senza farli sentire dei “pacchi postali”?

Oggi affrontiamo questo argomento delicato con la psicologa Francesca Santarelli.
Ecco cosa ci consiglia:

“Non avete idea di quante coppie arrivano in studio da me chiedendomi aiuto nella gestione dei figli durante le fasi di separazione. Per quanto tutt’oggi se ne parli ormai come se fosse la cosa più frequente che una famiglia si trovi ad affrontare, ancora veicolano informazioni e messaggi errati e confusionari che spingono i genitori, quando si trovano di fronte al problema reale in prima persona, a “correre” da me in cerca di “formule magiche” e soprattutto innocue per i loro bambini.

La separazione di una coppia genitoriale crea inevitabilmente dolori, anche quando è una scelta condivisa e rappresenta la soluzione migliore rispetto ad un prolungato stato di conflitto o di blocco.

Quando la coppia ha bambini piccoli, diventa importante curare la comunicazione, fatta sì di parole, ma soprattutto di comportamenti.

Per tanti anni la separazione dei genitori è stata considerata da pediatri, neuropsichiatri e psicologi come un trauma per i bambini: mi sembra una lettura molto lineare e fatalista!

Anzi, spesso una separazione risulta prognosticamente più favorevole sia per i membri della coppia che per i figli, perché permette di interrompere una convivenza sempre più forzata e prolungare stati di conflitto quotidiano e blocchi evolutivi.

Di certo è comunque una situazione dolorosa, perché implica un lutto, una perdita, anche di progetti, investimenti… implica un dover riprendere la propria vita in mano e per quanto sia desiderato è comunque difficile.

Anche i bambini non sono immuni da queste sofferenze, anzi, spesso per le loro caratteristiche di pensiero tendono a darsi le colpe di quanto accaduto.

Diviene quindi necessario per ogni genitore tutelare il più possibile i figli durante l’iter della separazione.

Vediamo quindi che cosa è utile dire e fare, e che cosa è dannoso dire e fare.

Quando, come e che cosa comunicare?

Sarebbe utile che la comunicazione rispetto alla separazione sia data da entrambi i genitori insieme. Occorre scegliere parole che siano comprensibili ai bambini, ma anche veritiere: dire bugie, anche se con l’intenzione di proteggere, non è mai utile per un figlio. Rischia di alimentare confusione, far vacillare le sicurezze che dai genitori si possono avere…
È meglio quindi comunicare la decisione quando si è assolutamente sicuri di quanto si sta per dire.

È utile arricchire la comunicazione con esempi concreti di che cosa vorrà dire che mamma e papà si separeranno (rispetto alla collocazione, alle visite…).

Occorre esplicitare che la separazione è una scelta dei genitori, su cui i bambini non hanno avuto alcun ruolo: a volte lo si dà per scontato, ma per i bambini è fondamentale sentirselo dire, così come non si deve suggestionarli rispetto all’attribuire colpe o responsabilità ad uno dei due genitori.

Fondamentale è che nessun genitore screditi e squalifichi l’altro: anche se ne avete tutte le ragioni, farlo davanti ai figli non fa bene a loro e potrebbe essere per voi un autogol clamoroso.

Non è utile cercare di chiedere ai bambini cosa ne pensino e come si sentano… spesso alla notizia della comunicazione possono reagire “come se niente fosse”, o con esplosioni di rabbia, di pianto… l’importante è accogliere qualsiasi emozione e ogni sua manifestazione.

Mantenere comportamenti coerenti: non sembra utile “per il bene dei bambini” che dopo la quotidianità in case separate, i genitori facciano vacanze insieme o partecipino l’uno ai festeggiamenti dell’altro: il rischio è che nonostante l’intenzione di voler far vivere al figlio un momento di condivisione, si alimentino confusione e illusione di momenti che in realtà non si propongono nella vita di tutti i giorni.

Diverso è il caso di festeggiamenti relativi ai figli, come cerimonie religiose, feste scolastiche, compleanni.
Uno dei vissuti maggiormente ricorrente in chi ha avuto genitori separati è la sensazione di essere “dei pacchi postali” che vengono recapitati ora qui ora là, in base a situazioni, bisogni concreti o altalene nel rapporto tra i genitori.

Ovvio che se c’è un sistema di visite regolamentato può essere che i figli si sentano spostati qui e là, ma il come questo avviene fa una differenza importante.
Sarebbe meglio avere una regolarità che renda ai figli prevedibili e anticipabili i momenti in cui sono con un genitore o con l’altro.

Il momento del passaggio tra un genitore e l’altro dovrebbe avvenire dentro la casa del genitore in cui si va, o da cui si parte, non in mezzo alla strada, davanti al cancelletto o tramite terzi per evitare che gli ex partner si incontrino.

Non è pensabile pensare inoltre, che l’altro genitore faccia esattamente quello che vorremmo e facessimo noi con il figlio: se vi siete separati era ovvio che qualche divergenza l’avrete pure avuta.

Non occorre aver paura di rendere comprensibile ai figli che vi siano differenti visioni e metodi tra mamma e papà: i bambini sono molto abili a coglierle (lo avranno già fatto prima che vi separaste) e a scindere i contesti. Anzi, può diventare educativo per loro comprendere come le diversità di opinioni siano tollerabili e possano creare risorse, l’importante è che non si cada mai in comportamenti aggressivi, anche verbali.
Occorre che i genitori però si confrontino in assenza dei figli su questioni educative e sanitarie importanti, per consultarsi e decidere come fare.

Il rischio per il genitore non collocatario, quello che vede meno i figli, è diventare una sorta di “genitore della domenica”, pensando che in virtù del minor tempo a disposizione possa concedere tutto ai figli, guadagnandone in popolarità, riscattando sensi di colpa o per non dover gestire capricci e lamenti che possono scaturire da dei “no”.

L’esperienza clinica insegna che le maggiori difficoltà derivano non tanto dal fatto che i genitori non sanno che cosa sarebbe meglio evitare, quanto che le sofferenze ed il rancore che si prova a volte prevale su tutto e oscura quel che dovrebbero essere i comportamenti genitoriali più utili al benessere dei figli piccoli.

Come già detto, occorre non criticare e squalificare, disapprovare o ridicolizzare l’altro genitore in presenza dei figli.

Altrettanto importante evitare assolutamente di non affidare ai bambini il compito di messaggeri per parlare con l’altro genitore: per esempio, non bisogna far chieder al bambino se possa andare a casa di uno e dell’altro o se possa chiedere all’altro genitore il permesso per stare con lui/lei.

È importante che tra i genitori si mantenga un canale di trasmissione delle informazioni relative ai figli, e anche sulle proprie abitudini di vita laddove queste incidano sulla quotidianità dei figli

E quando ci sono nuovi partner?

Questo è un altro capitolo su cui spesso si creano le tensioni maggiori: l’ideale sarebbe non coinvolgere i figli in nuove relazioni finché queste non siano consolidate. Sarebbe meglio informare l’altro genitore del fatto che si presenterà un’altra persona al figlio, evitando di parlarne al bambino come un nuovo genitore”.”

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Per appuntamenti  con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio:  www.studiosantarellidecarolis.com 

Francesca Santarelli è in libreria con il libro “Mamme No Panic”, scritto a quattro mani con Giuliana Arena

 



Fonte: http://vivalamamma.tgcom24.it/2016/10/come-gestire-i-figli-quando-mamma-e-papa-si-separano/

E’ tempo di pidocchi! Come prevenirli e sconfiggerli

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Sul fronte pidocchi credo di vantare un curriculum degno di nota:

–        li prendo per la prima volta in terza media, in un periodo in cui mi specchiavo giorno e notte nemmeno fossi Kim Kardashian, per la mia chioma voluminosa, boccolosa, lucente, e sinuosamente lunga.

Quei riccioli che osservavo con orgoglio, dopo avere scoperto una mattina che venivano usati da minuscoli insettini come bandierine per slalom folli, li ho visti cadere come pigne dal parrucchiere assieme alle mie lacrime di dolore e gli occhi spaventati delle shampiste che si erano radunate in un angolino guardandomi come se avessi l’ebola;

–   li prende mia figlia il primo anno d’asilo;

  • poi anche il secondo anno d’asilo;
  • e il terzo anno d’asilo (per noi la coerenza sopra ogni cosa);
  • per non deludere le elementari se li prende anche in prima, seconda e terza;
  • Poi li riattacca a me.

Ecco, ci manca il master e posso essere annoverata tra le specialiste delle invasioni “pidocchiesche”.

 

Dalla mia lunga esperienza in cui mi sono approcciata ai metodi più assurdi e traumatici (taglio radicale dei capelli, impanatura della testa con polvere mentolata prima di andare a letto e per non trovarmi la mattina infarinata come un fiore di zucca ripieno mia madre mi calzava la cuffia di gomma con bacino della buonanotte annesso, per concludere in bellezza shampoo feroci con aceto puro al 100%) sono poi approdata alla consapevolezza che i pidocchi si possono debellare con metodi meno talebani.

Per fortuna Camilla ha ricevuto trattamenti decisamente più umani rispetto a quelli che ho dovuto sopportare io: prodotti specifici da mettere sui capelli per un lasso di tempo definito, controllo attento di ogni singola ciocca. Ho risparmiato qualche seduta dallo psicologo.

 

Alcune informazioni utili sui pidocchi e come prevenirli:

  • non amano stare su teste poco pulite, così si sfata il mito che se hai i pidocchi sei uno che non si lava e non tiene alla propria igiene personale, al contrario il pidocchio ama un habitat lindo;
  • adorano i capelli svolazzanti che usano come liane a cui aggrapparsi e usare per i loro trasferimenti da una testa all’altra perciò sarebbe opportuno legare i capelli lunghi in trecce, code o chignon;
  • nei periodi “fertili” buoni contraccettivi sono i prodotti specifici che aiutano a tenere a debita distanza i pidocchi (spray preferibilmente);

 

Se il bambino prende i pidocchi:

  • tenerlo qualche giorno a casa e sottoporlo serenamente al trattamento adeguato;
  • non essere omertosi sulla questione ma informare la scuola del fatto in modo da creare cooperazione con gli altri genitori che ci si augura prestino maggiore attenzione alle teste dei propri figli altrimenti il tutto si trasformerebbe in un’ecatombe;
  • utilizzare un prodotto protettivo di nuova generazione

 

 

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Spa in gravidanza: i trattamenti consigliati e quelli da evitare

Durante la gravidanza molte donne hanno voglia di relax e sognano di concedersi un po’ di coccole in un centro benessere. Ma quali sono i trattamenti sicuri per le future mamme, e quali invece quelli che andrebbero evitati? La spa in gravidanza, se non ci sono problemi di salute o controindicazioni pregresse, è ammessa, purché si seguano determinati accorgimenti. Intanto, è sempre meglio aspettare la fine del primo trimestre, quando sono di norma passate le nausee e la stanchezza cronica dei primi mesi e la gravidanza ha superato il periodo più delicato.

Anche nella scelta dei trattamenti è importante usare un minimo di cautela. La futura mamma, ad esempio, può concedersi, se lo desidera, un idromassaggio rilassante, purché il getto non sia troppo intenso e non venga rivolto direttamente sulla pancia. Meglio, inoltre, che la temperatura dell’acqua non superi i 35-36 gradi centigradi e che la durata del bagno “con le bollicine” si mantenga al massimo intorno ai 15-20 minuti.

Meglio evitare, invece, sauna e bagno turco. Il calore eccessivo può causare pericolosi cali di pressione e tendere a far disidratare il corpo della gestante. Le temperature molto calde, inoltre, possono determinare la rottura di capillari e la formazione di macchie e segni sulla pelle. Lo stesso discorso vale ovviamente per quanto riguarda i bagni nelle piscine termali: via libera, ma sempre con un occhio all’orologio e l’altro al termometro (la temperatura non dovrebbe superare i 38 gradi).

Spa in gravidanza significa anche massaggi: meglio, in questo caso, scegliere per un trattamento rilassante o drenante, informando sempre la massaggiatrice del proprio stato. Per evitare qualsiasi problema è possibile limitarsi a massaggiare la parte superiore del corpo (spalle, collo, braccia, parte alta della schiena) e le gambe, evitando quindi la zona addominale e il seno. È molto importante, inoltre, evitare l’applicazione di oli essenziali sulla pelle, e possibilmente scegliere creme e prodotti con una profumazione molto delicata, in modo da non infastidire l’olfatto ipersensibile della futura mamma. Anche la riflessologia andrebbe evitata per prudenza, perché la stimolazione di determinate aree del corpo potrebbe causare delle contrazioni.

Durante i trattamenti benessere è importante mantenere un buon livello di idratazione, bevendo acqua naturale a temperatura ambiente o tisane non eccessivamente zuccherate. In ogni caso, per godere della spa in gravidanza in totale sicurezza e tranquillità, è sempre buona norma chiedere consiglio al proprio ginecologo o all’ostetrica prima di effettuare qualsiasi trattamento, e informare sempre il personale del centro benessere del proprio stato interessante, usufruendo magari di speciali pacchetti pensati proprio per le donne che sono in attesa di un figlio.

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Fonte: http://www.gravidanzaonline.it/benessere/185311.htm

Il decalogo del buon allattamento

Benché sia una delle azioni più naturali e spontanee, la pratica dell’allattamento al seno, negli ultimi anni è stata influenzata da tante variabili sociali, culturali, economiche che ne hanno alterato la natura. È importante, allora, che le donne siano aiutate nel percorso di preparazione all’allattamento e accompagnate durante questa esperienza.
La Società Italiana di Neonatologia (SIN), che da sempre sostiene e promuove l’allattamento al seno, in occasione della Settimana Mondiale per l’Allattamento Materno (1-7 ottobre), ha messo a punto un decalogo, da seguire anche con l’aiuto del pediatra/neonatologo, per mamme e neonati nei primi mesi di vita.

  1. Prima di allattare
    Prima cosa da fare per comprendere realmente i benefici dell’allattamento al seno è informarsi. L’informazione serve per motivare le future madri (in particolare le primipare) e viene condotta attraverso incontri in piccoli gruppi, coinvolgendo anche le persone della famiglia, che possono influenzare la decisione materna, quali il marito/partner e/o le future nonne. Questi incontri sono occasione anche per far chiarezza sui falsi miti e sui tabù relativi all’allattamento, lasciando comunque sempre in primo piano l’aspetto psico-affettivo.
  2. Il primo contatto mamma-bambino
    Da non sottovalutare è il primo contatto pelle a pelle prolungato in sala parto di mamma e neonato, che consente di facilitare il bonding (legame) e creare le condizioni affinché la prima poppata al seno avvenga nelle prime ore di vita del bambino.
    Per una corretta “iniziazione” alla pratica dell’allattamento al seno, occorre innanzitutto individuare la posizione più idonea al seno materno durante la poppata. Particolarmente utile, ma non unica, quella sotto braccio, detta anche a presa da pallone da rugby. Presso le maternità occorre favorire il rooming in, pratica ospedaliera di lasciare il neonato in camera con la propria madre durante tutta la degenza, in modo da rendere possibile l’allattamento a richiesta. Gli eventuali controlli clinici e strumentali devono avvenire nella stessa stanza, senza interferire con l’allattamento al seno.
  3. Il calo di peso
    È importante allattare a richiesta del bambino, senza limiti di numero e durata delle poppate, cogliendo i segni precoci di ricerca del seno (fame), più che attendere il pianto come espressione di “appetito”. Ciò faciliterà la fisiologia della lattazione. Nei primi giorni di vita, anche quando il neonato può avere ittero e necessitare di fototerapia, l’allattamento al seno deve essere mantenuto. Per i bambini “più esigenti” spesso si tende a richiedere la famosa aggiunta di latte artificiale, ma eventuali piccole aggiunte vanno prescritte solo previa valutazione delle condizioni del bambino, dell’entità del calo di peso e la reale possibilità della mamma di rispondere alle esigenze del piccolo.
    Il calo di peso medio alla nascita è circa il 5% con un massimo ancora accettabile del 10%.
    Bisogna perciò prendere in considerazione un calo tra l’8 e il 10%, che non suggerisce un’automatica supplementazione di latte artificiale. È invece opportuno verificare l’attacco al seno, la sequenza e la durata delle poppate e lo stato di benessere di mamma e bimbo. In caso di necessità, la prima scelta di integrazione deve sempre ricadere sul latte materno estratto. Va inoltre previsto un controllo di peso con verifica dell’allattamento a 24-72 h dalla dimissione dal nido. Per questo, operatori competenti del punto nascita, dei servizi consultoriali, ginecologi e pediatri di libera scelta o gruppi di aiuto mamma a mamma, debbono essere a disposizione di tutte le mamme, soprattutto nella prima settimana di vita del bambino, per essere di sostegno nell’avvio dell’allattamento al seno. Il recupero del peso neonatale di un bimbo allattato esclusivamente al seno, avviene solitamente entro i 14 giorni di vita.
  4. Il ciuccio
    L’uso del ciuccio per il bambino allattato al seno va evitato durante tutto il periodo in cui l’allattamento al seno deve consolidarsi. L’eventuale offerta del ciuccio va presa in considerazione a partire dalla 3°-4° settimana di vita, come intervento di prevenzione per la SIDS anche se in realtà nessuno degli studi sull’associazione fra uso del ciuccio e SIDS riporta un effetto protettivo tanto evidente quanto quello dell’allattamento al seno.
  5. Il latte formulato
    Il latte artificiale deve essere impiegato solo in quei casi in cui c’è assenza di latte materno o è riscontrata una patologia della madre per cui è sconsigliato l’allattamento, o per rispetto della volontà materna; laddove è possibile, si può ricorrere alle Banche del latte umano donato (BLUD).
  6. Banche del latte
    Quando il latte materno non è disponibile, in particolare nel primo periodo dopo il parto, si può ricorrere al latte umano donato. Nonostante il trattamento termico, necessario per inattivare batteri e virus, ne alteri parzialmente le proprietà biologiche e nutrizionali, il latte umano donato rappresenta la prima scelta nutrizionale subito dopo quello della propria madre. Rispetto alla alimentazione con formule, nei pretermine infatti, il latte umano riduce l’incidenza di enterocolite necrotizzante e migliora la tolleranza alimentare; contribuisce alla riduzione delle sepsi e altre infezioni, previene lo sviluppo di ipertensione arteriosa e insulino-resistenza in età adulta. Il latte materno estratto rappresenta anche la principale integrazione laddove si verifichi una condizione di eccessivo calo ponderale alla nascita e per i rari casi in cui neonati a termine, per brevi periodi, non possono alimentarsi al seno.
    Le Banche del latte operano grazie alla generosità di donatrici volontarie, accuratamente selezionate, che offrono il proprio latte a titolo gratuito.
  7. Alimentazione della mamma
    Un’alimentazione appropriata per la donna in allattamento deve soddisfare tutti fabbisogni, in particolare quelli energetici, proteici e di calcio, non è prevista alcuna limitazione alimentare o dieta specifica.
    Una dieta varia e sana, adeguata alle esigenze della mamma, sarà salutare per lei e per il bimbo. Non bisogna mangiare tanto più del solito, poiché a una donna che allatta bastano 500 Kcal al giorno in più; non serve eliminare particolari alimenti per prevenire le allergie, né è documentato con certezza che alcuni cibi o liquidi possano far aumentare la produzione di latte. Al contrario, possono avere una scarsa (ma reversibile) produzione di latte le donne disidratate, con febbre o in assetamento volontario, quelle gravemente malnutrite o a digiuno volontario. Sconsigliata la dieta vegetariana o vegana, poiché se non è ben bilanciata, mette a rischio di carenza di vitamina B12 il piccolo. Si deve limitare l’uso di alcool etilico che, oltre a passare nel latte e provocare nel lattante sedazione, ipoglicemia, vomito e diarrea, può inibire la montata lattea.
  8. Pretermine
    Per una maggior diffusione dell’allattamento materno nelle TIN, il primo passo da compiere è consentire ai genitori un accesso libero al reparto che permetta loro di conoscere precocemente il proprio bambino, di avere contatti prolungati con lui, anche attraverso la marsupio-terapia, e perché no, di familiarizzare col personale. La montata lattea, condizionata negativamente dallo stress della nascita, può presentarsi a qualunque età gestazionale. Le quantità di colostro prodotte, seppur minime, sono il più delle volte sufficienti per iniziare una minima precocissima alimentazione, fondamentale nei neonati critici. Quando il latte materno, nel primo periodo dopo il parto, non è subito disponibile per i prematuri, soprattutto quelli problematici, di peso alla nascita inferiore a 1500 g ricoverati in TIN, il latte umano donato può essere considerato alla stregua di un farmaco essenziale.
    Gli usuali criteri per stabilire quando il neonato può iniziare a succhiare al seno sono grossolani: raggiungimento di un determinato peso postnatale, di una certa età postconcezionale, del conseguimento della capacità di alimentarsi al biberon. Maggiormente affidabile è il criterio della stabilità delle condizioni cliniche accompagnata da movimenti della lingua e della bocca, anche in assenza di una provata abilità a succhiare e a deglutire. Non devono esistere quindi pregiudizi concettuali.
  9. L’empty breast
    Per facilitare l’attacco al seno del neonato prematuro si spreme la mammella prima della poppata integrando eventualmente col latte spremuto. Si evita così che un pretermine ancora privo di una vigorosa suzione, venga attaccato al seno ad una mammella per lui relativamente troppo piena.
    Un sistema efficiente di spremitura del latte, può essere manuale, meccanico o combinato (spremitura elettrica seguita da spremitura manuale). Se la spremitura è effettuata con pompa tiralatte, va fatta di preferenza contemporaneamente da entrambe le mammelle. Il successo della spremitura dipende anche dalla correttezza delle istruzioni ricevute in merito al momento in cui iniziare, la scelta di coppe adeguate (ne esistono di dimensioni diverse), la potenza dell’estrazione e la frequenza della spremitura. È utile che la madre tenga un diario come strumento di autocontrollo sulle quantità di latte spremuto e sul numero di sedute di spremitura.
  10. I falsi miti
    Se durante l’allattamento si formano lesioni del capezzolo, per superare l’ostacolo, si può dare al bimbo il proprio latte estratto. In caso di malattie debilitanti, invece, come influenza, diarrea, coliche, infezioni urinarie, la decisione se sospendere o meno l’allattamento spetta alla mamma, ma è sempre bene evitare nel bambino una brusca interruzione. Sfatiamo anche il luogo comune che bere tanto (o bere la birra) aiuti a produrre più latte. L’allattamento inoltre non comporta un calo del visus e non va quindi proibito alle madri con miopia o altre patologie oculari. Anche l’insorgere di una nuova gravidanza, a meno di particolari fattori di rischio, non giustifica una precoce interruzione.
    La dipendenza del bambino da sua madre, implicita nell’allattamento materno di lunga durata, non va confusa poi con l’autonomia del bambino, che non ne risulta compromessa.

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Fonte: http://www.gravidanzaonline.it/allattamento/il-decalogo-del-buon-allattamento.htm