10 ottobre 2016

Alimentazione dei bambini, ansia da pappa per 6 genitori su 10

Confusi ma felici. Informati, ma non abbastanza. Ansiosi, quasi tutti. Appaiono così i genitori italiani quando per la prima volta si trovano a confrontarsi con il mondo dell’alimentazione e con le scelte per i loro bambini.

È il ritratto che emerge dall’indagine realizzata dal centro ricerche e analisi Edelman Intelligence su un campione di 500 mamme e papà italiani con figli di età compresa tra i 6 mesi e i 3 anni di vita, per conto di Mellin, azienda leader nella nutrizione infantile, per capire i comportamenti di mamme e papà quando è il momento di scegliere l’alimentazione dei propri figli.

L’ansia della “pappa”, un sentimento che accomuna 6 genitori su 10

È la prima caratteristica che emerge quando arriva il momento dello svezzamento. L’ansia della pappa ha a che fare con il delicato momento di passaggio verso un’alimentazione più articolata. È in quel momento che si ha più chiara la percezione che sia nelle mani dei genitori, supportati dal pediatra, la costruzione di un percorso di dieta corretta, bilanciata, equilibrata.

Mamme e papà italiani sono davvero  consapevoli dell’importanza di fare le scelte giuste in quelle che la comunità scientifica chiama “le finestre di opportunità”? È noto infatti che nei primi anni di vita si costruiscono le preferenze alimentari del bambino, che guideranno poi le scelte a tavola anche da adulto. Mamma e papà lo sanno?

Quello che i genitori vorrebbero: maggiore trasparenza

Sempre più attenti all’alimentazione dei propri figli, i genitori italiani hanno “fame” di informazioni: per tutti, infatti, la trasparenza è riconosciuta come un valore fondamentale ed è richiesta a tutti coloro che si occupano della nutrizione dei bambini, in primis le aziende.

Quello che i genitori vogliono sempre di più è infatti avere informazioni chiare sul prodotto, la qualità, le materie prime di cui è composto, il processo produttivo da cui nasce.

Nelle aspettative nei confronti delle aziende, al 1° posto c’è infatti una maggiore precisione/informazione sull’origine delle materie prime; a seguire, un’etichetta più chiara, con maggiori informazioni anche sulla specifica fase di vita del bambino e al 3° posto un confezionamento che permetta di vedere il prodotto, la sua consistenza e il suo aspetto esteriore. Vedere che aspetto abbia/come si presenta un prodotto prima di comprarlo è infatti importante per l’81% dei genitori.

È sulla base di questi elementi che i genitori costruiscono la propria fiducia nei confronti di un’azienda; un atteggiamento aperto e di confronto è per loro auspicabile e utile per aiutarli a scegliere in modo più semplice e a sciogliere i fisiologici dubbi.

Tra il dire e il fare…

Se da una parte si riscontra una grande consapevolezza, dall’altra però, spesso, alla conoscenza dei fatti non segue un’azione coerente. Nei comportamenti dei genitori italiani in relazione all’alimentazione dei propri figli si riscontrano infatti spesso delle contraddizioni.

L’attenzione a garantire un’alimentazione adatta ad ogni fase della crescita del proprio piccolo sembra essere un valore riconosciuto a livello unanime ma, indagando nella quotidianità, ben 7 genitori su 10 scelgono per il proprio bambino le stesse pietanze che preparano per sè e per il resto della famiglia.

Invece il 30% orienta le proprie scelte verso un’alimentazione specifica, conscia che “il bambino non è un piccolo adulto” e che, essendo un organismo in crescita, ha esigenze nutrizionali specifiche, diverse rispetto all’adulto. Si dimostra infatti consapevole del fatto che gli alimenti specifici per i bambini rispondano ad una particolare legislazione che garantisce la loro sicurezza e la loro semplicità, non contenendo coloranti nè conservanti e non avendo zuccheri nè sale aggiunti.

Anche nei criteri che guidano l’acquisto i genitori sono alla ricerca di maggiori evidenze la loro attenzione appare focalizzata per la maggior parte su origine e qualità del cibo, ma 1 su 3 ammette di non avere sufficienti informazioni sulla provenienza e sulle caratteristiche nutrizionali degli alimenti che dà al proprio figlio.

Un doppio binario si riscontra anche quando si parla di informazioni: quasi tutti dichiarano di essere informati su tutto ciò che riguarda l’alimentazione del proprio figlio ma al contempo più della metà ammette di sentirsi “inondato” e “stordito” dalla valanga di indicazioni che riceve in merito, senza riuscire ad avere un’idea chiara su quello che è importante per la sua salute.  Così mamme e papà cercano di districarsi tra ciò che viene suggerito dai pediatri, che a volte sul tema hanno posizioni differenti, i pareri che reperiscono su blog e siti, i consigli di familiari e amici…

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Parto in casa: perché (e quando) è una scelta sicura

Una decisione folle, troppo rischiosa, come voltare le spalle alla medicina moderna e tornare al medioevo. Così spesso viene bollata la scelta di chi preferisce partorire nell’ambiente intimo della propria casa, piuttosto che andare in ospedale. Ai tempi delle nostre nonne si faceva così, non per scelta ma per necessità e i rischi per la madre e il bambino erano sicuramente più elevati di oggi.

“Ma oggi chi partorisce a casa non lo fa come cento anni fa”, obietta Annamaria Gioacchini, ostetrica dell’Associazione Nascere e Crescere di Roma, con esperienza trentennale nell’assistenza di nascite a domicilio. “Oggi si fa prevenzione, vengono fatti diversi controlli nell’arco dei nove mesi. La futura mamma è seguita e sa se arriva al termine della gravidanza in buona salute o se c’è una qualche condizione di rischio che esclude la possibilità di partorire a domicilio. La casa dove si vuol far nascere il bimbo deve inoltre soddisfare requisiti ben precisi e viene preparata con cura per il lieto evento. Le ostetriche presenti sono esperte e si aggiornano continuamente. Il loro lavoro è interferire il meno possibile con la fisiologia del parto. Ma se c’è un’emergenza, sono attrezzate per fronteggiarla e in caso di necessità sono pronte a trasferire la partoriente in ospedale”.

TravaglioCome respirare correttamente

Parto in casa: per molte, ma non per tutte

Condizione necessaria per partorire in casa con la massima sicurezza è un’accurata selezione: solo una donna sana, che porta un bimbo sano e ha vissuto una gravidanza priva di complicazioni può, se lo desidera, dare alla luce il suo piccolo tra le mura domestiche.

Secondo le linee guida del Coordinamento Nazionale delle Ostetriche per il Parto a Domicilio e Casa di Maternità (http://www.nascereacasa.it/), la nascita a domicilio è da escludere in presenza di importanti patologie materne come il diabete, la preeclampsia, cardiopatie a rischio di scompenso, epilessia, di accertate patologie fetali come l’iposviluppo grave, la macrosomia e malformazioni che richiedono assistenza medica immediata alla nascita, oltre che in presenza di placenta previa, precedente parto cesareo o interventi chirurgici all’utero, gravidanza gemellare, precedenti di emorragia post partum.

Diabete gestazionaleaffrontalo così

Alle linee guida e all’esperienza delle ostetriche è affidato anche il controllo dell’idoneità dell’abitazione dove deve avvenire la nascita. “Deve distare non più di 30 minuti dall’ospedale scelto come struttura di riferimento, in caso si debba optare per un ricovero”, dice Gioacchini. “Inoltre, dalla 37a settimana forniamo alla futura mamma una lista di ciò che occorre tenere pronto in vista del gran giorno: lenzuola, asciugamani, panni che verranno poi sterilizzati, disinfettanti”.

Un travaglio a misura di mamma e bebè

Al parto a domicilio assistono sempre due ostetriche, entrambe di lunga esperienza, cui talvolta si aggiunge una tirocinante che collabora e impara a osservare.

La loro parola d’ordine è rispetto: della fisiologia, dell’intimità e delle preferenze della futura mamma, dell’andamento naturale del travaglio e della nascita. “Il nostro approccio è fare meno per fare meglio. Se tutto va bene, come accade la maggior parte delle volte, ci limitiamo a osservare e a dare sostegno. Qualunque intervento non necessario è un’interferenza potenzialmente dannosa”, dice Gioacchini. “Se il travaglio va a rilento, non somministriamo farmaci per accelerarlo, ma mettiamo in atto una serie di accorgimenti per favorire naturalmente la progressione: una doccia calda, un cambiamento di posizione della donna. Se i nostri diversi rimedi naturali non funzionano, ci si trasferisce in ospedale”.

E se qualcosa va storto?

Due ostetriche esperte e competenti che dedicano la loro piena attenzione alla donna impegnata in travaglio sono in grado di cogliere per tempo eventuali segnali di difficoltà e, se occorre, procedere a un trasferimento tempestivo in ospedale. Le linee guida indicano la necessità di recarsi in ospedale se il battito fetale, controllato periodicamente con lo stetoscopio, risulta alterato, se il travaglio rallenta o si arresta nonostante gli accorgimenti messi in atto per incoraggiarne la progressione, in presenza di perdite di sangue anomale, se la placenta non viene completamente espulsa entro due ore dalla nascita e in presenza di qualunque altra condizione che le ostetriche giudicano meritevole di attenzione medica.

La borsa dell’ostetrica contiene farmaci e strumenti necessari per affrontare un’eventuale emergenza. “Abbiamo l’ossitocina per arrestare un’emorragia post partum”, dice Gioacchini, “un aspiratore per liberare all’occorrenza le vie respiratorie del neonato, il pallone AMBU, cioè la pompa per la ventilazione e flebo di soluzione fisiologica”.

L'ostetrica a casaanche dopo il parto

Statistiche ancora parziali

Oggi in Italia la percentuale di donne che sceglie di partorire a domicilio o in una casa di maternità oscilla tra lo 0,2 e lo 0,4%. “Cifre che però sono fortemente sottostimate a causa di problemi organizzativi nella presentazione e nella registrazione dei certificati di assistenza al parto (CEDAP)”, dice l’ostetrica. “La casistica limitata non consente ancora di formulare statistiche sull’esito ed eventuali emergenze che possono presentarsi, ma il nostro Coordinamento Nazionale sta raccogliendo tutti i dati relativi alle nascite a domicilio in collaborazione con l’Istituto Mario Negri di Milano, che li pubblicherà appena possibile”. Quel che sappiamo oggi, sulla base della letteratura medica internazionale, è che la nascita a domicilio in casi selezionati a basso rischio, con l’assistenza di ostetriche professioniste e in condizioni di sicurezza come quelle previste dalle linee guida del Coordinamento Nazionale, comporta la stessa entità di rischio del parto in ospedale. Se la donna è pluripara, cioè ha già dato alla luce un altro figlio, il rischio di parto in casa è inferiore rispetto a quello in ospedale.

Maria Cristina Valsecchi

L'alternativa:casa di maternità

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La carenza di iodio nella dieta provoca gravi conseguenze alla salute del feto e alla crescita dei bambini

La carenza nutrizionale di iodio costituisce ancora oggi un grave problema sanitario e sociale che interessa un numero elevato di persone in tutto il mondo, compreso il nostro Paese. In molti pensano che basti una passeggiata in riva al mare per fare il pieno di questo importante minerale, ma purtroppo non è così. Lo iodio si assume solo attraverso gli alimenti, in particolare il pescato marino, e la carenza è sostanzialmente dovuta ad una errata alimentazione.

Si stima che circa il 29% della popolazione mondiale sia ancora esposta alla carenza di iodio. In Italia si ammalano di gozzo circa 6 milioni di persone, più del 10% della popolazione. L’insufficienza di iodio ha effetti negativi in tutte le fasi della vita perché costituente fondamentale degli ormoni tiroidei, i quali svolgono un ruolo determinante nelle fasi dell’accrescimento e dello sviluppo.

La gravidanza e l’infanzia rappresentano le fasi in cui gli effetti della carenza possono essere più gravi poiché gli ormoni tiroidei sono indispensabili per un adeguato sviluppo del sistema nervoso centrale che inizia durante la vita fetale e continua fino ai primi anni di vita, ma anche nel mantenimento dell’equilibrio metabolico dell’organismo adulto; senza un adeguato apporto di iodio, il nostro metabolismo diventerebbe pigro, causando un gran numero di patologie gravi.

Gli esperti dell’Osservatorio Grana Padano hanno esaminato 1.200 interviste tra le 5.000 realizzate nel 2015 in tutta Italia dai dietisti dell’Osservatorio. I dati raccolti dalle anamnesi alimentari di persone di età compresa fra i 13 e 40 anni dimostrano che la quantità media assunta normalmente con la dieta dalla popolazione è insufficiente a soddisfare il fabbisogno giornaliero di iodio.

Secondo i LARN (Livelli di Assunzione Raccomandata di Nutrienti della SINU) il fabbisogno giornaliero di iodio degli adolescenti (11-17 anni) è di 130 microgrammi (μg), per gli adulti 150µg. Per le donne in gravidanza e allattamento tale quantità aumenta sensibilmente, raggiungendo i 200μg al giorno, la stessa quantità è consigliata nella pre-gravidanza per garantire le necessità del feto.

L’analisi dell’Osservatorio ha valutato le abitudini alimentari di adolescenti e adulti, concentrandosi prevalentemente sulle donne in età fertile (visto il maggiore fabbisogno di iodio). Dall’analisi è emerso che mediamente gli intervistati raggiungono solo 60µg di iodio giornaliero con gli alimenti, pari a meno della metà della dose consigliata e che solo il 5% degli intervistati raggiunge il fabbisogno quotidiano.

L’intake medio giornaliero degli intervistati è di 64μg (61 per le femmine e 68,2 per i maschi); nella fascia dei giovani 13-18 anni, l’intake è di 61,6μg e negli adulti è pari a 64,5. Le femmine hanno carenze più consistenti, soprattutto nella fascia dei giovani, assumendo solo 55,8μg contro 70,6 dei maschi. La carenza è determinata da uno scarso consumo di alimenti ricchi di iodio ed anche dall’inosservanza delle regole dell’equilibrata alimentazione in particolare per la frequenza con cui si dovrebbero consumare gli alimenti.

Il contenuto di iodio è estremamente variabile; gli alimenti più ricchi di iodio sono i crostacei e i pesci di mare, i mitili e gli alimenti provenienti dal mare in generale. Anche le uova, lo yogurt, alcuni formaggi e la carne ne contengono quantità significanti, i vegetali invece sono poveri di questo minerale la cui quantità dipende dalle quantità contenute nel terreno. Anche negli alimenti di origine animale la presenza di iodio dipende da cosa hanno mangiato gli animali, per questa ragione il contenuto può essere molto variabile, tranne che negli alimenti DOP la cui costanza nutrizionale è garantita dal disciplinare di produzione.

Gli alimenti che maggiormente contengono iodio sono poco consumati dagli intervistati nonostante il pescato sia la prima fonte del minerale, la seconda è rappresentata da latte e latticini, con in media un contributo di 20μg giornalieri. Garantirsi un corretto fabbisogno di iodio è fondamentale per proteggere la salute della tiroide. La strategia raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a livello mondiale, scelta anche dal nostro Paese, per l’eradicazione dei disturbi da carenza iodica, è quella di utilizzare come veicolo il sale alimentare arricchito di iodio.

La Prof.ssa Michela Barichella Responsabile dell’UO di Dietetica e Nutrizione Clinica ASST Gaetano Pini – Cto di Milano, ha dichiarato:

L’emanazione nel marzo del 2005 della Legge n. 55, finalizzata alla prevenzione del gozzo endemico e di altre patologie da carenza iodica, si basa soprattutto sull’obbligo da parte dei rivenditori di proporre e vendere solo sale iodato, tranne nel caso sia il consumatore a scegliere il sale senza integrazione di iodio. Sono passati più di 10 anni e quasi tutti i negozi di alimentari si sono adeguati. Tanto è stato fatto anche dall’Istituto Superiore di Sanità, che svolge tuttora una campagna di sensibilizzazione verso la classe medico sanitaria; ma nonostante gli sforzi, i casi clinici non sono diminuiti significativamente e in modo non omogeneo nelle varie regioni italiane. L’indagine dell’Osservatorio mette in evidenza che l’intake nell’alimentazione abituale è ancora insufficiente”.
Avere a disposizione il sale iodato – ha spiegato ancora Barichella – non è però certezza di utilizzo e spesso non è il sale scelto dai consumatori, non dobbiamo poi dimenticare che è comunque necessario, al tempo stesso, ridurre il consumo abituale di sale (cloruro di sodio) per prevenire tante importanti malattie a carico del sistema cardiovascolare e gastroenterico. Se si seguissero le linee guida che medici e dietisti danno ai loro pazienti (non consumare più di 5 g a testa di sale iodato il giorno) si risolverebbe sia il problema dell’eccesso di sodio, sia dell’introito di iodio. Pare però che siano in pochi a seguire questo consiglio. La carenza di iodio e l’eccesso di sodio si può risolvere solo promuovendo la corretta ed equilibrata alimentazione che prevede sia un basso consumo di sale, sia il consumo di alimenti ricchi di iodio, che tra le altre cose sono molto buoni”.

Per prevenire le patologie legate all’accrescimento e a un cattivo funzionamento della tiroide, gli esperti dell’Osservatorio Grana Padano raccomandano d’introdurre nella dieta gli alimenti che più ne contengono.

10 PRATICI CONSIGLI

  1. Sale iodato, inserito nella variata ed equilibrata alimentazione al posto del sale comune utilizzandone 5 grammi al giorno (massimo consentito per un adulto) apporta 160μg di iodio.
  2. Lo yogurt di latte intero apporta circa 78µg di iodio, consigliato 1 vasetto al giorno.
  3. Pesce di mare 1 porzione (sgombero, cefalo, baccalà, merluzzo) apporta circa 150µg di iodio, consigliate 3 porzioni a settimana.
  4. Crostacei (gamberi, mazzancolle, astici, aragosta, granchi, ecc.) 1 porzione inserita nella dieta 1 volta a settimana, può sostituire un secondo di carne perché è un’ottima fonte di proteine e apporta circa 120µg di iodio.
  5. Condimenti, condire la pasta o il riso con vongole, cozze, bottarga di muggine o tonno, anche solo 20 grammi di questi alimenti apportano circa 30µg di iodio.
  6. Mitili, consumare saltuariamente vongole o cozze cotte a piacere, 100 grammi di parte edibile apportano 140μg di iodio, non esagerare perché contengono parecchio colesterolo.
  7. Un uovo di gallina contiene circa 35µg di iodio, consumare 2-3 uova a settimana come prevede l’equilibrata alimentazione, non di più perché ricche di colesterolo.
  8. Formaggio, la dieta equilibrata prevede quest’alimento 2-3 volte a settimana come secondo, 100 grammi di formaggio come: Taleggio, Latteria, Fontina, mediamente contengono 45 µg di iodio, mentre quelli stagionati: Provolone, Pecorino Romano o Grana Padano circa 38µg, quest’ultimo è pratico e si può consumare grattugiato ogni giorno per insaporire i primi e passati di verdura, 3 cucchiai da cucina apportano circa il 10% del fabbisogno quotidiano di iodio di un adulto.
  9. Carne, la corretta alimentazione prevede di consumare 2-3 porzioni di carne come secondo alla settimana, per  avere un maggiore apporto di iodio preferire quella di vitellone parte muscolo senza grasso visibile, ed anche il fegato.
  10. Frutta secca a guscio, senza mai dimenticare di consumare 5 porzioni quotidiane di frutta e verdura, per incrementare lo iodio è preferibile consumare anche anacardi, noci, pistacchi senza esagerare perché apportano molte calorie anche se provenienti da grassi insaturi benefici per la salute.

 

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Perdite di latte in gravidanza: è tutto normale!

Hai notato piccole perdite di un liquido sieroso dai capezzoli? Non preoccuparti, è un fenomeno assolutamente fisiologico, legato alla produzione ormonale dei nove mesi, ed è il segno che le ghiandole mammarie si stanno preparando all’allattamento.

Perché succede

“Durante le prime fasi della gravidanza, l’aumento di estrogeni produce un accrescimento del volume delle ghiandole mammarie e il progesterone potenzia la secrezione delle ghiandole stesse”, spiega Rossana Sarli, ginecologa a Genova. “La prima lattogenesi (produzione di latte) inizia circa 12 settimane prima del parto, intorno alla 24-28ª settimana di gravidanza, quando le ghiandole mammarie iniziano a secernere colostro, un liquido sieroso che costituirà il primo alimento del bebè subito dopo la nascita. Quando gli alveoli diventano pieni di colostro, il volume del seno aumenta ancora rispetto ai primi mesi di gestazione, ma la presenza di alti livelli dell’ormone progesterone nel sangue della futura mamma inibisce la piena produzione di latte fino a dopo il parto. Ciò nonostante, a molte donne può capitare, spontaneamente o spremendo leggermente il capezzolo, di veder fuoriuscire un po’ di colostro nel corso dei nove mesi: è un fenomeno assolutamente fisiologico, così come è normale che non si verifichi. La secrezione di colostro in gravidanza, nulla, scarsa o abbondante che sia, non ha alcuna relazione con la successiva produzione di latte né pregiudica in alcun modo la buona riuscita dell’allattamento”.

Come comportarsi se si vede uscire un po’ di latte? Se vuole, la futura mamma può spremere delicatamente verso l’esterno il colostro, in modo da mantenere pervi, ossia liberi da ostruzioni, i dotti galattofori. In più può essere utile spalmarlo sui capezzoli poiché è un ottimo lubrificante, che aiuta ad ammorbidirli in vista dell’allattamento.

Tanto latteCosa fare?

Che cos’è il colostro

Il colostro è un latte speciale, denso e appiccicoso, di colore variabile dal giallo all’arancio. “È povero di grassi e ricco di carboidrati, proteine e anticorpi che servono per proteggere il bebè nei primi mesi di vita. Inoltre contiene lattoferrina (antivirale e antibatterico che migliora l’assorbimento del ferro), immunoglobuline, citochine, vitamine A, E, B12, D, zolfo e ferro”, spiega la ginecologa. “È scarso in quantità ma di elevato contenuto nutrizionale, estremamente facile da digerire e dunque perfetto come primo alimento del neonato”.

Articolo di Angela Bisceglia

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Allattamento al seno, i neonatologi: fa bene al bambino ed alla mamma

Nei primi giorni di vita il 90% delle donne italiane comincia ad allattare al seno il neonato, alla dimissione dall’ospedale la percentuale scende al 77% per poi crollare al 31% a 4 mesi e solo il 10% continua ad allattare oltre i 6 mesi di vita. Dati preoccupanti per i Neonatologi italiani, ma in netto miglioramento rispetto al passato, grazie anche all’impegno della Società Italiana di Neonatologia (SIN), che da alcuni anni ha avviato una grande campagna di promozione dell’allattamento materno.
L’obiettivo di indurre un atteggiamento culturale favorevole all’allattamento al seno nell’opinione pubblica e favorirne la scelta consapevole ed attiva nelle gestanti, madri, puerpere è divenuto prioritario. La promozione dell’allattamento al seno non può infatti essere relegata solo alla Settimana Mondiale per l’Allattamento materno, che sarà dall’1 al 7 ottobre.
Nei mesi scorsi, la SIN, assieme ad altre società scientifiche pediatriche (SIP, SIGENP, SICuPP e SIMP) ha sottoscritto un importante documento chiamato Position Statement sull’Allattamento al seno e uso del latte materno/umano, che nasce dalla necessità di tracciare una linea d’azione comune tra gli operatori del settore, offrendo dei riferimenti professionali precisi in materia di alimentazione infantile, che possa servire come riferimento anche alle famiglie. Presso il Ministero della Salute è stato inoltre firmato, in presenza del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, il documento Promozione dell’uso del latte materno nelle Unità di Terapia Intensiva Neonatale (TIN) ed accesso dei genitori ai reparti che punta a rafforzare l’impegno dei neonatologi italiani e delle istituzioni nella promozione dell’allattamento al seno.
Tra le azioni più concrete rivolte alle mamme, la SIN sostiene il progetto Baby Pit Stop, una mappatura, consultabile attraverso un’App da scaricare sullo smartphone, che permette ad ogni mamma di verificare qual è il posto più vicino, e più raccomandato dalle altre mamme, dove fare un baby pit stop, ovvero una sosta, per poter allattare il proprio bebé in uno spazio confortevole.
“Essendo un comportamento naturale, spontaneo, frutto dell’emergere delle competenze proprie di ogni donna, l’allattamento al seno ha bisogno di essere promosso e sostenuto, investendo risorse materiali, umane e morali” – afferma il Presidente della SIN Mauro Stronati – “Per farlo la SIN ha messo a punto alcune semplici indicazioni, una sorta di decalogo, da seguire anche con l’aiuto del pediatra/neonatologo e di tutto il personale sanitario che accompagna mamma e neonato fino all’uscita dall’ospedale e nei primi mesi di vita”.

Perché le donne non allattano al seno

Tante e diverse sono le motivazioni, differenti in base al livello economico, sociale e culturale, all’etnia o alla regione geografica di appartenenza. Anche in Italia le differenze socioeconomiche e territoriali condizionano l’accettazione e la prosecuzione dell’allattamento al seno da parte delle madri; infatti allatta per un minor numero di mesi quella parte di popolazione con livello di istruzione e condizione socioeconomica più bassi e quella residente nelle regioni meridionali.
Alcune neo-mamme non si sentono all’altezza, temono di non avere abbastanza latte, la stanchezza e lo stress dopo il parto possono giocare a sfavore, soprattutto quando manca il sostegno da parte del partner o di altri membri della famiglia; per alcune il motivo principale è il ritorno al lavoro.
Il calo significativo dell’allattamento al seno e più in particolare dell’esclusivo, rilevato tra la dimissione e la prima vaccinazione, suggerisce di focalizzare l’attenzione sulle modalità d’attivazione della rete di sostegno ospedale-territorio, sulla tempistica e sulle modalità di presa in carico del bambino da parte del pediatra di famiglia e, infine, sulle competenze cognitive e relazionali (counselling) possedute dagli operatori sanitari territoriali e ospedalieri.

L’importanza dell’allattamento materno

  • Allattare al seno fa bene al bambino ed alla mamma.
  • Il latte materno rappresenta la migliore alimentazione possibile per il neonato; tra gli effetti benefici, inoltre, è ben documentato un minor rischio di infezioni gastrointestinali, infezioni respiratorie, asma, otiti medie acute e di sviluppare a lungo termine sovrappeso, obesità e malattie collegate (malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete di tipo 2) rispetto al neonato alimentato con latte artificiale.
  • L’allattamento al seno mantenuto anche durante il divezzamento, può offrire protezione al lattante geneticamente predisposto alla malattia celiaca e generare uno stato di tolleranza nei confronti delle proteine introdotte, prevenendo la cascata infiammatoria e l’espressione clinica della malattia.
  • I vantaggi del latte materno sono ben confermati anche nel neonato pretermine attraverso una ridotta incidenza di gravi patologie quali sepsi, meningite, enterocolite necrotizzante e con miglioramento dello sviluppo cognitivo.
  • La consapevolezza di contribuire alla sopravvivenza ed al benessere del proprio neonato è di grande aiuto per la mamma di un neonato pretermine, le restituisce il ruolo primario e la fa sentire indispensabile nell’assistenza del proprio figlio.
  • Le madri che allattano vanno incontro a minori perdite ematiche e ad una più rapida involuzione uterina e perdita di peso dopo il parto; il rischio di cancro del seno si riduce del 4% per ogni anno di lattazione; sono segnalati anche effetti positivi a lungo termine, anche per quanto riguarda diabete e ipertensione.
  • Le donne che non allattano o che smettono precocemente sono più esposte alla depressione puerperale.

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Nausea in gravidanza? Diminuisce il rischio di aborto spontaneo

La nausea mattutina è un disturbo che affligge molte donne in attesa di un bambino, ma anche se non è una delle cose più liete della gravidanza, in realtà è un sintomo positivo. Infatti, stando a quanto afferma uno studio pubblicato su JAMA Internal Medicine, le donne incinte che soffrono di nausea e vomito, hanno meno possibilità di incorrere in aborti spontanei.

La ricerca è stata effettuata da un gruppo di ricercatori dell’Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development (NICHD) del National Institutes of Health (NIH) (Nel Maryland, USA), su 800 donne che hanno avuto uno più aborti spontanei in gravidanze precedenti. Al momento della ricerca, erano tutte in attesa di un bimbo e avevano una media di 29 anni.

Le donne partecipanti allo studio dovevano registrare quotidianamente, su un diario, se avevano sintomi di nausea e vomito, tra la seconda e l’ottava settimana di gravidanza. Poi, dalla dodicesima settimana, dovevano riportare i sintomi mensilmente. Dopo due settimane di gravidanza, il 18% delle donne aveva riportato nausea senza vomito, mentre il 4% accusava entrambi i sintomi. All’ottava settimana di gravidanza, invece, il 57% aveva nausea da sola e il 27% sia nausea che vomito.

All’avvicinarsi della dodicesima settimana, infine, l’86% riportava di soffrire solo nausee, mentre il 35% accusava anche vomito. In generale, nausea e vomito erano registrati più di frequente tra le donne di età inferiore ai 25 anni. Alla fine dello studio, 188 gravidanze, il 24%, era risultata in un altro aborto spontaneo. E nausea e vomito sarebbero stati associati a una riduzione tra il 50 e il 75% del rischio di incorrere in un’altra interruzione di gravidanza.

I nostri risultati dovrebbero rassicurare chi avverte nausea e vomito, dal momento che il rischio di abortire diminuisce”, ha dichiarato Stefanie Hinkle dell’NICHD. “È un pensiero comune che la nausea indichi una gravidanza sana, ma finora non c’erano molte prove di alta qualità a sostegno di questa convinzione. – continua Stefanie N. Hinkle – Il nostro studio valuta i sintomi fin dalle prime settimane di gravidanza, subito dopo il concepimento, e conferma che c’è un’associazione protettiva tra nausea e vomito e un minor rischio di perdita di gravidanza”.

In realtà, però, lo studio non spiega perché le donne che hanno questi sintomi hanno più successo nel portare a termine la gravidanza. Secondo gli autori dello studio, è possibile che nausea e vomito siano il modo in cui l’organismo chiede alla donna di cambiare dieta o il risultato dell’aumento di alcuni ormoni. Ovviamente ad influenzare la possibilità di aborti spontanei intervengono anche altri fattori, come l’alcol o anomalie cromosomiche nel feto. Questo non significa che se non si soffre di nausea bisogna preoccuparsi, precisano i ricercatori, significa solo che il proprio corpo reagisce in modo diverso.

Circa l’80% delle donne ha nausea, vomito o entrambi durante la gravidanza. Normalmente, una gravidanza dura 40 settimane e le donne hanno il più alto rischio di aborto nei primi tre mesi. Inoltre, gli aborti sono più frequenti tra le donne di età più avanzata o con malattie come diabete, lupus o problemi alla tiroide.

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Vip Club Prénatal: 12 mesi di sconti vip per uno stile EASY e sempre CHIC

Dal 1963 Prénatal accompagna le mamme nella crescita dei loro bimbi offrendo prodotti di qualità, pratici e belli, ma anche tante iniziative ed eventi nei negozi per condividere la gioia, ma anche la fatica e i dubbi, di essere mamma oggi.

Per essere ancora più vicini ai genitori contemporanei Prénatal lancia un’iniziativa concreta, che aiuta a risparmiare, dedicata alla community di famiglie Prénatal.

Un’esclusiva VIP Club Card che propone uno sconto esclusivo del 30% sull’abbigliamento futura mamma e bambino da 0 a 8 anni con anche intimo, pigiami, arredo letto e calzature del brand.
La tessera si può attivare al costo di 30 euro, facilmente recuperabili con gli sconti dei primi acquisti, e dura 12 mesi. Cambia la stagione, i bimbi crescono, ma gli acquisti sono “in saldo” per tutto l’annno.

A partire dalle nuovi collezioni Autunno-Inverno di Prénatal. Quelle dedicate alla mamma in dolce attesa, con una tecnicità pensata in ogni dettaglio per accogliere e adattarsi al pancione che cresce. Ma anche i dettagli moda non passano in secondo piano: dal lavoro al tempo libero, fino alle occasioni speciali, la mamma in gravidanza troverà soluzioni comode per vivere i nove mesi e sentirsi sempre bellissima.

E per i bambini c’è un’ampia scelta che va dalla linea NEWBORN, capace di rendere unici e indimenticabili i primi mesi e quelle BABY e KIDS che offrono capi pratici e trendy per vivere al meglio, in allegria, il back to school.

Per ulteriori informazioni visita: www.prenatal.it/pages/vip-club

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Aspetti un bimbo? Ecco i film sulla gravidanza per te

Prossimamente in uscita nelle sale cinematografiche, il 20 ottobre, ben quattro film sulla maternità (e la paternità) molto diverse tra loro. “Cicogne in missione”, l’ultimo film di animazione della Warner Bros, offre un punto di vista davvero originale su un’antichissima leggenda. “Piuma”, film italiano in concorso alla 73a Mostra di Venezia, affronta la questione delle baby gravidanze in modo scanzonato ma insieme serio, e molto poetico. “Attesa e cambiamenti”, un’altra pellicola italiana, ridendo e scherzando propone temi di scottante attualità. Infine, dall’America arriva “Bad Moms”, per mamme che… non ne possono più! Irriverente, sfrontato, politicamente scorretto, come recita il trailer, ma per molte… sicuramente condivisibile! Se invece preferite portare il cinema a casa vostra, di seguito vi suggeriamo una carrellata di film sulla gravidanza.

di Elisabetta Zamberlan


Piuma

piuma film
piuma film

Ferro e Cate: 36 anni in due, e lei resta incinta. Con l’esame di maturità da preparare insieme agli amici, che insistono per poi partire comunque per il viaggio in Spagna e Marocco. Con la mancanza totale di prospettive lavorative, naturalmente. Con le famiglie che, se possibile, sembrano meno preparate di loro ad accogliere un bambino (anzi, bambina). E con mille cose da capire, sogni da non tradire, decisioni da prendere, vite da organizzare… Nove mesi davvero complicati, ma anche emozionanti, in cui la ricetta giusta, sembra suggerire il film, può essere quella della leggerezza. Non solo i due ragazzi non sono pronti: è il mondo stesso di oggi a non esserlo. Ma con un misto di responsabilità e incoscienza, sdrammatizzando e tenendo “il cuore dalla parte giusta”, forse ce la si può fare. Nel frattempo, mentre scrivevano il film a otto mani, regista e sceneggiatori (due coppie) sono diventati papà e mamme…


Cicogne in missione

cicogne in missione

Sul Monte delle Cicogne c’è il luogo in cui nascono i bambini, che poi i famosi postini alati consegnano alle famiglie. Ma il capo dell’azienda decide di mollare il settore bebè per dedicarsi a quello, più redditizio, del recapito pacchi. Le cicogne si trovano così a consegnare non più fagottini ma prodotti del commercio on line. Junior, impiegato modello, sta per essere promosso quando… per sbaglio aziona la Macchina Fabbrica-Bambini, dando vita a una bimba incantevole ma non autorizzata. Bisogna recapitarla prima che il capo se ne accorga! Lo aiuta l’amica Tulip, in un viaggio che diventa una vera avventura. Divertentissima, ma anche illuminante. Prodotto da un cast di talenti del cinema e della tv, questo film sulla gravidanza è affiancato da un sito ufficiale che porta il pubblico dentro il Monte delle Cicogne, con giochi, informazioni e, immancabili, voli simulati: InsideStorkMountain.com.


Bad moms

bad moms 2

… cioè: mamme stressate alla riscossa! Amy, ottima carriera, casa perfetta, marito e figli fantastici, è super impegnata, lavora troppo: non ha un minuto per sé (qualcuna si riconosce?). Ormai sul punto di esplodere, si allea con altre due mamme esasperate, Kiki e Carla. Insieme decidono di mandare tutto all’aria: mura domestiche, famiglia, lavoro, doveri… e darsi alla pazza gioia, concedendosi di assaporare piaceri dimenticati e autonomia perduta! Missione liberatoria, ma non del tutto facile, anche perché le attende al varco Gwendolyn, a capo dell’Associazione Insegnanti-Genitori, con la sua congrega di madri di famiglia perfette… Dedicato alle mamme oltre l’orlo della crisi di nervi.


Attesa e cambiamenti

attesa e cambiamenti
attesa e cambiamenti

Qui le coppie in gioco sono due: Gianni e Beatrice, sposini alla prima gravidanza, e Anna e Tina, omosessuali, fidanzate, che vorrebbero avere un figlio con l’inseminazione artificiale. Due storie diverse e indipendenti tra loro, ma che s’intrecciano affrontando in modi simili i mille cambiamenti che il desiderio e l’attesa di un figlio comportano: turbamenti, stravolgimenti ormonali, sbalzi di umore, alterazioni fisiche e psicologiche, mutamenti nella sfera sessuale, cambi di abitudini nell’alimentazione e nell’abbigliamento, paure, invadenza dei parenti, trasformazione delle relazioni… Tra immancabili fraintendimenti e gag degne della miglior commedia, il film sfata molti miti e stereotipi e racconta, in modo insieme realistico e divertente, la gravidanza di oggi.


Che cosa aspettarsi quando si aspetta

L’arrivo di un bambino è sempre una rivoluzione: come ci si prepara a diventare mamma e papà? Le fantasie, le curiosità, i dubbi e gli spauracchi suscitati dalla nuova piega che prenderà la vita sono simili per tutti, ma i modi di affrontarli possono essere i più disparati… In questo film sulla gravidanza aspettano (o cercano) un figlio: due divi della televisione; una divoratrice di manuali fai-da-te e compagno; una giovanissima che sta con l’ex suocero; una fotoreporter d’assalto che vuol girare il mondo per trovare un bambino da adottare, il cui marito però non approva e cerca sostegno in un gruppo di autoaiuto per padri disperati; un uomo e una donna che sono addirittura rivali in affari. Ce n’è per tutti: da ognuno si può imparare cosa e come (non) fare!


Travolti dalla cicogna

E se la gravidanza è inaspettata? Può essere una meravigliosa occasione per andare in crisi! Che è, in genere, uno dei modi migliori per crescere. Commedia pop calata nell’attualità, dissacrante al punto giusto, questa pellicola franco-belga racconta la storia di due ragazzi che si conoscono in una videoteca, s’innamorano e vivono felici finché arrivano le prime nausee… Lui, Nicolas, reagisce terrorizzato, lei, Barbara, che stava preparando la tesi di laurea, si trova a dover soppesare scelte e rinunce. Gli umori sballano, la vita è (s)travolta, la coppia scricchiola, finché la piccola Lea arriva davvero e… si ricomincia da tre!


Molto incinta

Una notte e… tac! Aspetti un bambino. Può capitare, anche a un’avvenente ragazza in carriera che festeggia la promozione con la sorella. Beve un po’ troppo, fa sesso sfrenato con un “geek” del computer e si ritrova a dover decidere se tenere un figlio davvero inatteso! Niente di più lontano e diverso da lei (Alison) di questo illustre sconosciuto (Ben). Eppure… di sorpresa in sorpresa, i due scopriranno di avere molte più cose in comune di quanto pareva all’inizio e decideranno di tenere il pupo. A volte l’arrivo di un bambino è l’elemento propulsore che spinge a cambiare il modo di vedere gli altri e il mondo!


Juno

La vicenda di una baby-gravidanza diventa uno spunto per raccontare quel meraviglioso percorso interiore che in mille modi prende forma quando si diventa mamme: una vita affiora dentro e una scintilla si accende. Qui succede a Juno, giovanissima adolescente che scopre di essere incinta in seguito alla prima e unica volta in cui ha fatto l’amore, col suo migliore amico. Nonostante tutte le difficoltà che la sua scelta comporta, Juno non si perde d’animo e decide con dignità e coraggio di portare a termine la gravidanza, per poi dare il bimbo in adozione a una coppia che ne desidera disperatamente uno. La famiglia? La aiuta. E la sua diventa una profonda storia di amore e conoscenza di sé.


Senti chi parla

È datato (1989) ma va visto, anche solo per questo: la storia è raccontata dal punto di vista, originale e ironico, del bebè (voce di Bruce Willis, nella versione italiana Paolo Villaggio). Mollie (Kirstie Alley), giovane americana in carriera, si trova sedotta e abbandonata dall’uomo sbagliato, e pure incinta. Decide di cavarsela da sola e si mette in cerca dell’uomo giusto, quello che potrà essere il padre di suo figlio. Mentre infila una serie di incontri  bizzarri, Micky, il neonato-voce fuoricampo, commenta tutto, manifestando apertamente una particolare propensione per l’unico uomo che la madre non considera nemmeno: il tassista che li ha accompagnati all’ospedale per il parto (John Travolta). Un giovane che lei ritiene un po’ bamboccione, ma che sempre più si rivela un baby sitter speciale, un ragazzo premuroso e…


Il primo respiro

Dieci modi diversi di nascere: un documentario fatto di esperienze vissute, dalla gravidanza al parto, che risultano più emozionanti di tutte le storie che si possono inventare. Dalla Francia al Brasile, dagli Stati Uniti all’India, dal Giappone alla Siberia, la voce narrante di Isabella Ferrari racconta i tanti modi in cui nascono i bambini, in una sorta di “giro del mondo” attraverso le varie culture. Dai parti più naturali e spontanei a quelli più assistiti e tecnologici: nell’azzurro di una piscina, tra i delfini, sulle rive di un fiume con l’aiuto di una guaritrice, in una sala operatoria, in una foresta con intorno amici che suonano e cantano… Immagini suggestive, commoventi, poetiche e soprattutto… vere!


Nine Months – Imprevisti d’amore

Classico imperdibile con cast d’eccezion (Robin Williams, Hugh Grant e Julianne Moore), è uno dei film sulla gravidanza più divertenti, che in questo caso è dolce-amara, in un susseguirsi di imprevisti e scene esilaranti. Samuel, psicologo infantile (in tutti i sensi dell’aggettivo) è molto spaventato alla notizia che la fidanzata Rebecca è incinta. Seguono nove mesi di panico, non certo attenuato dagli interventi di uno stravagante (comicissimo) ginecologo, dalla frequentazione con una coppia dalle figlie insopportabili nonché dai consigli del migliore amico di Samuel, irriducibile single. Tanto che il futuro padre opta per la rottura-e-fuga… ma solo per dover poi riconquistare a fatica Rebecca, dimostrando a lei (e a se stesso) di poter diventare padre. E il lieto fine è un lieto inizio.


Waitress – Ricette d’amore

Quando la gravidanza dà forza. Jenna, sposata con un uomo grezzo e manesco, ha una vita matrimoniale assai infelice. In compenso si sfoga sul lavoro: nel locale in cui fa la cameriera confeziona torte magnifiche. Quando si scopre inaspettatamente incinta, dopo la crisi iniziale, inaspettatamente le torna anche il sorriso: e grazie all’incontro con Jim, affascinante ginecologo, e all’amicizia con Joe, il padrone del locale, riesce a dare una svolta alla sua vita. Un film da non prendere troppo sul serio e guardare, naturalmente, sgranocchiando dolciumi!


Maybe baby

Una storia incentrata non sull’attesa concreta di un bambino, ma su quanto il cercare un figlio possa “lavorare” dentro una coppia, rendendo possibili, pur attraverso dolori e difficoltà, trasformazioni importanti. Sam e Lucy sono una coppia sposata che cerca in tutti i modi una gravidanza, ma invano. Lui, che lavora per la BBC, colpito dal blocco dello scrittore ha l’idea di scrivere una sceneggiatura partendo proprio dalla loro condizione di sterilità. Lei si oppone. Ne nascono incomprensioni, rotture, avventure extraconiugali… ma quando si riconcilieranno, nel loro cercare un bambino ci sarà finalmente solo desiderio, e addio ansia.


Piacere sono un po’ incinta

Atteso invano, per anni, il principe azzurro, Zoe decide che è ora di diventare madre e prende appuntamento per l’inseminazione artificiale. Quello stesso giorno, però, incontra Stan, che forse è proprio l’uomo dei suoi sogni! Per non perderlo, Zoe nasconde i primi segni della gravidanza con comportamenti incomprensibili, dando vita a una serie di equivoci… Al momento dell’inevitabile chiarimento, Stan ha qualche perplessità e gli entusiasmi si frenano: in fondo loro due non si conoscono. Ma è proprio qui che scatta qualcosa! Un film sulla gravidanza in cui la storia procede al contrario: prima è in arrivo un bambino, poi ci si mette insieme, alla fine ci s’innamora. Ma i sentimenti sono quelli di sempre, e forse la prospettiva “a ritroso” li mette a fuoco ancora di più!

 

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Fonte: http://www.dolceattesa.com/gravidanza/film-sulla-gravidanza_film/

Vaccini ACWY e MPR: insieme si può?

Domande Salve, tema vaccini: ho due gemelli di 14 mesi, mi hanno proposto di fare fra ca una settimana insieme l’ACWY (Leggi di più sul Vaccino antimeningococco ACWY) e l’MPR (Leggi di...


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