20 ottobre 2016

Toxoplasmosi in gravidanza: ecco il suo identikit

La toxoplasmosi in gravidanza è una tra le malattie più temute, per la minaccia che rappresenta per il feto e perché non esiste un vaccino in grado di contrastarla. Non tutti però sanno che la toxoplasmosi è in realtà un’infezione molto diffusa. Più della metà della popolazione italiana contrae e sviluppa la toxoplasmosi addirittura senza accorgersene, poiché si tratta di una malattia che nella maggior parte dei casi non si manifesta con alcun sintomo. Vedremo infatti che i sintomi della toxoplasmosi sono “traditori”. Ma come mai un’infezione di norma così innocua da non dare segni della sua presenza può diventare una seria minaccia per il feto se contratta durante i nove mesi dell’attesa? Ecco tutto quello che c’è da sapere su questa malattia dalla “doppia natura”

Prevenire la toxoplasmosi?è facile!

Sintomi della toxoplasmosi: silenti e “traditori”

Nella maggior parte dei casi, la toxoplasmosi è un’infezione asintomatica causata dal Toxoplasma gondii, un virus che non dà segnali evidenti della sua presenza. Per questo motivo è molto difficile accorgersi di avere i sintomi della toxoplasmosi.
La persona che contrae la malattia, infatti, non si accorge di quello che le sta accadendo o al massimo avverte qualche linea di febbre, un po’ di stanchezza e l’ingrossamento dei linfonodi che si trovano alla base del cranio. Tutti sintomi della toxoplasmosi possono essere tranquillamente confusi come ‘spie’ di altre infezioni e che poi regrediscono spontaneamente.
La toxoplasmosi è un’infezione molto frequente: colpisce infatti il 60-70% della popolazione italiana, perché il meccanismo di diffusione è estremamente semplice. Il parassita che la provoca si stabilisce nell’intestino degli animali che contagia (soprattutto i gatti), producendo uova che poi vengono disperse nell’ambiente attraverso le feci degli animali stessi. In questo modo si contaminano anche i terreni dei campi su cui crescono ortaggi o pascolano altri animali, che si infetteranno a loro volta e, una volta immessi sul mercato, rischiano di contagiare chi li consuma.

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I pericoli della toxoplasmosi in gravidanza

Innocua per gli adulti, la toxoplasmosi in gravidanza presenta il suo lato più aggressivo se a contrarla è una donna che aspetta un bambino. Il virus, infatti, è in grado di attraversare la placenta e infettare anche il piccolo con gravi conseguenze, come danni neurologici e cecità.
La portata dei danni dipende soprattutto dall’epoca della gestazione: nel primo trimestre c’è un alto rischio di aborto spontaneo, mentre nel secondo trimestre è molto più probabile che il feto riporti disturbi cerebrali. Nell’ultima fase della gestazione, invece, le conseguenze non sono così gravi perché il bambino è più maturo e formato.

Il toxo-test per la toxoplasmosi in gravidanza per sapere se si è a rischio…

Uno dei primissimi esami cui la donna deve sottoporsi a inizio gravidanza è il toxo-test, per verificare se si è a rischio toxoplasmosi in gravidanza.
Si tratta di un banale esame del sangue con cui si vanno a ricercare gli anticorpi anti-toxoplasma, ovvero le immunoglobuline di tipo M e di tipo G, da cui prendono il nome le sigle identificative IgM e IgG.
L’IgM è tipico della fase acuta della toxoplasmosi– lo si trova quindi nel sangue di chi ha appena contratto il virus – mentre l’IgG rappresenta la ‘memoria’ dell’infezione ed è presente nell’organismo di chi ha avuto la malattia ed è guarito.
Una volta eseguito l’esame, la donna potrà avere uno di questi tre esiti:

  • IgG e IgM negativi: la malattia non è in corso e la donna non l’ha avuta in passato. In questo caso dovrà adottare regole comportamentali e alimentari (vedi sotto) che la salvaguardino dal virus per tutta la durata della gravidanza.
  • IgG positive e IgM negative: significa che la malattia è stata contratta e superata e ora la donna è immune. In questo caso l’anticorpo IgG non scomparirà mai dall’organismo della donna, proteggendola dall’infezione. La gravidanza potrà quindi essere vissuta con maggiore serenità, concedendosi anche gli alimenti (carne cruda e insaccati) normalmente ‘vietati’ alla futura mamma che è a rischio.
  • IgG negativo e IgM positive: indica purtroppo che la malattia è in corso. In questo caso occorre approfondire la situazione attraverso due test che permettono di datare l’inizio dell’infezione. Questo perché più è recente il contagio, più è alto il rischio di complicazioni per il feto. Se al contrario, la malattia risale a 6/8 mesi prima, non c’è da preoccuparsi.

… e quelli per datare l’infezione di toxoplasmosi

Gli esami di laboratorio che permettono di datare l’infezione sono due:

  • l’Avidity test, che valuta con quanta affinità le avidine (gli anticorpi) della mamma si legano all’antigene toxoplasmico. Tanto più rapidamente le prime si attaccano al secondo, quanto più l’infezione sarà recente.
  • il Test IgA, che analizza le immoglobuline di tipo A che, prodotte in maniera più precoce rispetto alle IgM, aiutano a capire meglio la data dell’infezione.

Una volta scoperto se c’è un’infezione acuta in atto, bisogna poi stabilire se il piccolo in grembo si è realmente infettato e, in tal caso, quali complicazioni abbia riportato.
Il medico farà sottoporre quindi la donna a un’amniocentesi (solo dopo la 18ª settimana) e, se il test è positivo, a una serie di ecografie morfologiche più ravvicinate rispetto a una normale gravidanza, per riscontrare eventuali malformazioni e valutare la gravità del danno al feto.
Le cure per ridurre il più possibile gli eventuali danni al nascituro consistono in una terapia antibiotica a base di spiramicina o pirimetamina e sulfamidici, che la mamma dovrà assumere per tutta la gravidanza.

AmniocentesiCosa rivela

Le 4 regole della prevenzione della toxoplasmosi

Se la futura mamma non è immune alla toxoplasmosi, è importante che segua per tutta la gravidanza queste quattro regole igieniche e comportamentali:

  • non consumare carni crude o “al sangue” e gli insaccati (gli unici concessi sono il prosciutto cotto, la mortadella tipo Bologna, il prosciutto crudo e la bresaola, questi ultimi due solo se molto stagionati e certificati da un consorzio);
  • se c’è un gatto in casa, maneggiare sempre con i guanti la sua lettiera, perché le feci del micio, se infetto, sono uno dei principali veicoli di trasmissione della malattia. Quando è possibile, è comunque meglio delegare questa operazione al proprio compagno. Per evitare che il gatto contragga l’infezione, non dargli da mangiare carne cruda ma nutrilo esclusivamente con croccantini e scatolette. Inoltre, evita che il micio vagabondi in spazi aperti o poco controllati;
  • lavare sempre e con molta cura gli ortaggi crudi. L’ideale è lasciarli qualche minuto in ammollo in acqua e bicarbonato di sodio che, grazie alle sue proprietà antibatteriche, rimuove da frutta e verdura eventuali residui di terra e sostanze dannose;
  • indossare sempre i guanti quando si fa giardinaggio, anche sul terrazzo di casa, poiché il terreno potrebbe essere contaminato.

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Nuovi ecografi per un parto sicuro: il dono di ASM a 7 ospedali

Maneggevoli e all’avanguardia: sono gli ecografi che ASM (Associazione Italiana Studio Malformazioni) ha deciso di regalare a 7 ospedali italiani per rendere il parto più sicuro. Il primo è stato consegnato mercoledì 19 ottobre all’Ospedale San Paolo di Milano.

“La donazione è il frutto di una catena di solidarietà che ha unito le donne che hanno già avuto figli a quelle che sono in attesa di un bambino”, ha spiegato Marinella Di Capua, Presidente di ASM, una realtà del non profit attiva da 35 anni nel campo della salute in gravidanza e della prevenzione delle malattie congenite.

Ridurre il tasso di cesarei

Con questa iniziativa, ASM si propone non solo di salvaguardare la salute di mamma e bambino, ma anche di ridurre la percentuale di tagli cesarei ancora troppo elevata in molti Reparti Maternità italiani. Poter disporre di un ecografo in sala parto, infatti, può contribuire a limitarne il ricorso.

“Spesso alle donne con gravidanze a rischio viene tolta la possibilità di partorire naturalmente. A volte vengono sottoposte a cesareo senza che vi sia una reale indicazione”, ha spiegato Anna Maria Marconi, Professore Associato di Ostetricia e Ginecologia all’Università degli Studi di Milano e Direttore della UOC di Ostetricia e Ginecologia al Presidio Ospedaliero San Paolo. “Disporre di un ecografo all’avanguardia rappresenta, in questo senso, un valore aggiunto, poiché ci permette di valutare tutte le fasi del parto e di scegliere le strategie terapeutiche più idonee per garantire il benessere del bambino che sta per nascere”.

Se i bebè sono due

Quando l’apparecchio può rivelarsi particolarmente prezioso? “In caso di gravidanza gemellare, ad esempio”, dice l’esperta. “In questa eventualità, ci aiuta a capire come sono disposti i bambini. Se sono entrambi a testa in giù, non c’è motivo di optare per il taglio cesareo. Mi è capitato anche di osservare bimbi podalici cambiare posizione durante il parto: pure in questo caso, quindi, non è detto che il cesareo sia l’unica via”, continua Anna Maria Marconi. “Ogni volta che nasce un dubbio che riguarda la discesa del bambino nel canale del parto, insomma, poter contare su un ecografo è di grande utilità”.

Dopo la nascita del bimbo, inoltre, l’apparecchio serve a monitorare le condizioni della neomamma. “Se c’è un’emorragia in atto, ad esempio, consente di individuare velocemente le cause e di intervenire con prontezza”, dice l’esperta. “Poter fare una diagnosi tempestiva, in momenti cruciali come questi, consente di guadagnare tempo prezioso”.

In caso di fecondazione assistita

L’apparecchio può essere utile anche in caso di gravidanze da PMA (procreazione medicalmente assistita), che non di rado terminano con un taglio cesareo.

“L’ecografo consente di seguire in maniera molto accurata il travaglio delle donne che hanno scelto la strada impegnativa della fecondazione assistita e di cogliere prontamente eventuali problemi che possono insorgere”, spiega Patrizia Sulpizio, responsabile Procreazione Medicalmente Assistita presso il Presidio Ospedaliero San Paolo. “La tecnologia dovrebbe servire a questo: a ridurre l’invasività sulle donne”, dice l’esperta. Il dono di ASM (reso possibile da una raccolta fondi tra i sostenitori dell’Associazione) va in questa direzione.

Dopo aver ringraziato l’Associazione, Marco Salmoiraghi, Direttore Generale della ASST (Azienda Socio Sanitaria Territoriale) Santi Paolo e Carlo, ha concluso che “interventi come questo vanno a buon fine quando da un lato esiste la sensibilità della Onlus e dall’altro si evidenzia una competenza medica che viene riconosciuta dal partner non profit come meritevole di sostegno”.

 

Michela Crippa

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Io, me, la cameretta e mia sorella

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Per i primi quattro anni della mia vita ho potuto godere di una cameretta tutta mia. Ma non me lo ricordo. Mia madre ogni tanto ricostruisce quella fetta di passato che non riesco ad avere chiaro nello schedario personale “delle cose agli albori della propria esistenza”.

Il mio archivio mnemonico è attivo da quando è arrivata mia sorella, o meglio detta diavolo della Tasmania. Io e lei siamo come l’alfa e l’omega, lo yin e lo yang, l’olio e l’aceto. Insomma due elementi che si cercano e si respingono.

E la mia cameretta, quella stanza un tempo bella ampia è stata invasa dalla nuova presenza “paranormale”. Mia madre era raggiante di gioia: “pensate che bello, bambine, una stanza tutta per voi, così potrete condividere insieme i giochi!” io non ero proprio convinta e sentivo che il mio nido avesse ospitato una specie di piccola Attila.

Peccato che la zona che spettava a me fosse curata come un giardino zen mentre l’altra parte, quella di mia sorella, pareva il cortile sul retro della villa degli Addams.

Io ambivo a un arredamento decorato, architettato con dovizia di particolari, cuscini dai colori vivaci sul letto, bambole, bambolotti e peluche sistemati meticolosamente, mia sorella conviveva con la quintessenza dell’entropia e quelli che una volta erano i suoi bambolotti parevano dei piccoli reduci dal Vietnam. Per non parlare dei peluche spelacchiati e di norma ognuno con un occhio di meno che quasi abbiamo rischiato di trovarci la Lega anti vivisezione davanti casa.

Per anni ho sognato la mia “camera azzurra” (che per me era meglio di un principe) e se solo avessi avuto davanti le camerette Livingo  all’epoca avrei venduto anche la mia Barbie Superstar, guardaroba incluso, sfrattato la cara sorellina e spedita nella stanza di fianco, adibita a studio, senza rimorsi.

Ormai siamo lontane da quegli anni di condivisioni, litigi focosi, di “ti voglio bene lo stesso. Anche se hai tentato di decapitare il Cicciobello” e la vita comunque ci ha tenute unite: ora lei è la mia dirimpettaia. Ve l’ho detto che siamo come lo yin e lo yang, l’alfa e l’omega, l’olio e l’aceto. Ci cerchiamo e ci respingiamo. Ma ora ho una camera tutta mia livingo

In collaborazione con Livingo

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Quando la coppia scoppia con l’arrivo del bebè: come affrontare la crisi

2020coppia-scoppiaIn questo caso il titolo dice tutto: “Quando la coppia scoppia con l’arrivo del bebè: come affrontare la crisi per sopravvivere insieme”.
Non sempre l’arrivo del primo figlio porta solo gioia e felicità. Anzi, nei primi tempi porta anche tanto scompiglio. Nella nuova famiglia tutti gli equilibri sono da settare. E la stanchezza, gli ormoni a palla, il senso di inadeguatezza possono giocare brutti scherzi.
E allora che fare?
Ecco cosa consiglia la psicologa Francesca Santarelli che di casi di questo tipo ne ha visti veramente tanti:

“Eravate una bella coppia, unita ed affiatata, sorridente e solare, e per questo avete deciso di avere un bambino.

Durante la gravidanza eravate pronti a tutto: pronti all’idea di non dormire la notte, all’idea dell’allattamento, alla possibile depressione post parto, alla difficoltà dei eliminare i chili acquisiti durante la gravidanza.

Solo una cosa non avevate preso in considerazione: come la vostra relazione di coppia sarebbe cambiata.

Secondo il dott. John Gottman autore di “7 principles of marriage” l’arrivo di un bambino è uno dei principali motivi per cui una coppia va in crisi.

La coppia si era assestata ad un rapporto a due, con compiti e responsabilità, ma all’arrivo di un neonato la vita deve completamente riassestarsi. Non è facile riorganizzare il tutto secondo le necessità del nuovo venuto. Inoltre le attenzioni della mamma sono quasi sempre rivolte esclusivamente al piccolo e questo ci rende mogli e compagne distratte. Anche la mancanza di sonno e di relazioni sociali adulte rende nervosi, e cose di poca importanza come ad esempio chi porta fuori la spazzatura, o chi va a comprare il latte possono diventare una vera tragedia.

Una delle questioni principali è “chi fa di più”!
Il piccolo è un impegno costante 24 ore al giorno tutti i giorni per almeno tutto il primo anno di vita, per cui cose come trovare i calzini sporchi buttati sul pavimento in camera da letto diventa fonte di una frustrazione incredibile. Le mamme iniziano a soffrire il fatto che i loro rispettivi compagni non si rendano conto di quanto sia pesante ed impegnativo seguire il bimbo, la casa, preparare i pasti, fare il bucato e quant’altro.

A volte anche un solo calzino fuori posto richiede uno sforzo sovrumano! Tutto questo accade solamente perchè siete incredibilmente esauste.

Molte neo mamme si trovano inoltre a lottare con l’invadenza di mamme e suocere che hanno sempre troppi consigli da elargire e troppi paragoni da fare. Nel caso sfortunato che si tratti di vostra suocera, solitamente il vostro compagno è praticamente inutile nella lotta.

A tutto questo aggiungiamo anche il fattore sesso. O meglio l’assenza del fattore sesso. Siete sfinite, esauste, vi vedete grasse e il vostro seno eroga latte al primo sfregamento. Senza considerare che anche dal punto di vista fisico il desiderio sessuale è praticamente nullo. Il vostro compagno inizia a pensare che non lo desiderate più, che non lo amate che non trovate più gli stessi sentimenti di una volta.

Tutto questo incide nel trasformare una coppia fantastica in una coppia in crisi!

Come affrontare la crisi per sopravvivere come coppia

Per prima cosa cercate di capire che non siete sole. Se provate un senso di frustrazione incredibile, se avete la tentazione di scappare di casa, se guardate il vostro compagno e vedete solo un antagonista alla vostra felicità, sappiate che non siete sole. Ci siamo passate tutte, chi più e chi meno.

Cercate di fare mente locale e di ricordare che quello è l’uomo che amate, e da lì ricominciate da capo. 

Parlare

Prima di perdere il controllo della situazione parlate del problema, confrontatevi con altre mamme, con le vostre amiche, persino con vostra suocera (sembra incredibile, ma è stata mamma anche lei!). E naturalmente parlate con il vostro compagno. Comunicategli la vostra difficoltà. Scoprirete che non siete sole e che probabilmente anche il vostro compagno sta vivendo la sua particolare lotta con il riassestamento.

Ricordare

Ricordate i bei sentimenti che vi legano e i momenti meravigliosi che avete vissuto. Pensate inoltre che il vostro bambino cresce in fretta, e che in effetti si tratta solo di alcuni mesi. Non appena il vostro piccolo avrà acquisito un regolare ritmo di sonno tutto sembrerà migliorare.

Cerca aiuto

Se hai la possibilità contatta una persona che si incarichi delle pulizie di casa o una babysitter. Se non puoi permettertela dal punto di vista economico chiedi aiuto in famiglia: mamma, suocera, sorelle, amiche. Ti sembrerà incredibile, ma vicino a te ci sono delle persone che sono disposte ad aiutarti e che possono semplificarti la vita.

Siediti a tavolino con il tuo compagno e spiegagli chiaramente di che tipo di aiuto hai bisogno daparte sua. Se per esempio lui tiene il bambino mentre tu vai a fare la spesa per mezz’ora sopravviverete tutti e tu avrai un momento di pausa. Stabilite insieme quali sono i suoi compiti in casa, per esempio portare fuori il cane, comprare il pane, accendere la lavatrice… Vedrai che anche il tuo compagno sarà felice di aiutarti se questo ti renderà più serena.

Organizzati

Se non hai possibilità di farti aiutare nei lavori di casa organizzati con una semplice scaletta di lavori da fare come routine; per esempio al mattino pulire il bagno, al pomeriggio fare il bucato… se la casa non è perfetta non fatene una tragedia.

Uscite e divertitevi

Passati i primi mesi di assestamento (massimo 3) ritagliatevi del tempo come coppia. Chiedete ai nonni di tenervi il bambino. Se non avete i nonni esistono sempre gli zii, gli amici, i vicini di casa ed infine le baby sitter. Non siate sciocche, il vostro bambino sopravviverà benissimo per 2 ore senza di voi, e la vostra coppia ne uscirà migliorata.

Non serve allontanarsi molto da casa o fare uscite spettacolari. Per iniziare è sufficiente bere un caffè al bar, una breve passeggiata, una pizza. Fate qualsiasi cosa, ma senza il vostro piccolo! Non sentitevi delle pessime mamme per questo, non lo state abbandonando, state solo rinforzando la vostra famiglia.

Un po’ di tempo per te stessa

Il primo anno del bambino è indubbiamente duro e difficile, ma per quanto possibile cercate di dedicarvi un attimo di tempo per voi stese. Leggete un libro, andate dal parrucchiere, fate visita ad un’amica. fate qualche cosa che vi piace, anche solo per mezz’ora alla settimana.

Cercate di farvi delle amiche che stanno vivendo la vostra stessa situazione, uscire insieme può essere un pretesto per entrambe e non avrete difficoltà a far comprendere i vostri tempi.

Cercate aiuto professionale

Se tutto questo non è stato sufficiente per ridarvi voglia e volontà di vivere serenamente con il vostro compagno e con vostro figlio, prima di darvi per sconfitte cercate aiuto professionale. Rivolgetevi ai consultori e cercate una terapia di coppia valida per voi.

Copertina-Mamme-No-Panic

Per appuntamenti  con la dottoressa Francesca Santarelli, o info, potete visitare il sito Internet del suo studio:  www.studiosantarellidecarolis.com 

Francesca Santarelli è in libreria con il libro “Mamme No Panic”, scritto a quattro mani con Giuliana Arena

 



Fonte: http://vivalamamma.tgcom24.it/2016/10/quando-la-coppia-scoppia-con-larrivo-del-bebe-come-affrontare-la-crisi-per-sopravvivere/