23 gennaio 2017

Antibiotici agli animali: dagli allevamenti alla tavola?

Il meccanismo è ben noto e temuto dagli infettivologi: i batteri tendono a sviluppare resistenza agli antibiotici con cui vengono in contatto e la loro somministrazione inappropriata accelera questo processo. L’emergenza e la diffusione di ceppi batterici aggressivi e resistenti ai più comuni antibiotici rappresenta una minaccia concreta alla salute globale. Gli antibiotici, inoltre, non vengono somministrati solo all’uomo, ma anche agli animali: a quelli da allevamento, che finiscono poi sulle nostre tavole, e a quelli da compagnia, che condividono le nostre case. Esiste il rischio di trasmissione di batteri resistenti attraverso l’alimentazione? Eventuali residui di antibiotici nelle carni possono determinare l’insorgere di resistenze nei batteri che infettano l’uomo? E quali accortezze osservare quando si ammala un animale da compagnia?

 

Controlli e sicurezza negli allevamenti italiani

L’Europa ha norme molto severe per la sicurezza delle materie prime destinate all’alimentazione, compresa la filiera della carne e, tra i Paesi europei, l’Italia da questo punto di vista è estremamente rigorosa. “Naturalmente la somministrazione di antibiotici agli animali degli allevamenti è consentita nel nostro Paese, perché ci sono circostanze in cui sono necessari per la salute dei capi e, di conseguenza, dei consumatori a cui è destinata la carne”, dice Antonio Sorice, presidente della Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva. “Nella nostra normativa non c’è alcuna limitazione all’utilizzo di questi farmaci, a patto che la somministrazione avvenga sotto sorveglianza medica e sia appropriata. Negli ultimi anni c’è stata una progressiva riduzione della quantità di antibiotici impiegati, perché veterinari e allevatori sono sempre più consapevoli del fenomeno della resistenza. Al momento non sappiamo in che misura la diffusione delle resistenze tra i patogeni degli animali possa avere ripercussioni per la nostra salute, sia direttamente, cioè a causa di infezioni trasmesse dall’animale all’uomo, sia indirettamente, cioè per la trasmissione dei geni responsabili della resistenza dai batteri degli animali a quelli umani”.

C’è poi la barriera dei controlli a cui vengono sottoposti gli animali prima della macellazione e le carni prima dell’immissione in commercio. “La carne che arriva nei nostri piatti non contiene residui di farmaci e non è infetta. Ma è sempre consigliabile cuocerla prima di consumarla e, soprattutto, prima di darla ai bambini”, spiega Sorice. “Chi preferisce acquistare la carne direttamente dal piccolo allevatore di zona, piuttosto che servirsi nei negozi e nei supermercati, deve accertarsi che l’allevatore segua le procedure previste dalla legge per la macellazione”.

 

Cautele in più per le pappe

La sicurezza alimentare riguarda tutti, ma in particolar modo i bimbi, che a sei mesi affiancano al latte le prime pappe. Quali caratteristiche deve avere la carne destinata alla loro alimentazione? Come scegliere i prodotti giusti e come prepararli per garantirne la sicurezza? “Innanzitutto va detto che nella fase dello svezzamento, nel primo anno di vita, è consigliabile non servire più di quattro porzioni di carne alla settimana, per una questione di equilibrio nutritivo”, avverte Leo Venturelli, pediatra di famiglia a Bergamo. “Per quanto riguarda la sicurezza, la presenza di batteri potrebbe provocare tossinfezioni, mentre eventuali residui di antibiotici potrebbero non solo indurre lo sviluppo di resistenze batteriche nel bambino, ma anche interferire con il suo sistema endocrino, provocando alterazioni, per esempio nello sviluppo puberale, in tempi decisamente prematuri per alcune modificazioni, come la crescita delle ghiandole mammarie. Detto questo, le carni provenienti da allevamenti italiani, in vendita nel nostro Paese, sono controllate e normalmente sicure, quindi i bambini possono consumarle senza problemi. Vanno ovviamente cotte con estrema cura: lessate o cotte al vapore, purché il vapore raggiunga i 100 gradi. Il processo di omogeneizzazione, sia industriale sia fatto in casa con l’apposito elettrodomestico, non aggiunge nulla alla sicurezza, ma serve a rendere l’alimento più digeribile”.

C’è modo di individuare filiere che diano una garanzia di sicurezza e qualità ancora più elevata? “Ci sono allevatori che curano con maggiore attenzione l’alimentazione, l’igiene e la salute del loro bestiame, ma per il cliente che acquista la carne al negozio o al supermercato è difficile distinguerli, a meno di non conoscerli direttamente”, risponde il pediatra. “Oppure si può scegliere di acquistare pappe e omogeneizzati etichettati come ‘alimenti per l’infanzia’: per questi prodotti, destinati ai bambini fino a tre anni d’età, la legge italiana prevede regole più stringenti e controlli più accurati”.

 

E per gli animali domestici? Cure appropriate

Gli antibiotici vengono utilizzati, all’occorrenza, anche per gli animali da compagnia e una somministrazione inappropriata può comportare l’emergere di ceppi batterici resistenti. “Il batterio antibiotico-resistente non solo può nuocere all’animale ma può anche, e soprattutto, essere trasferito all’uomo. Le persone che contraggono malattie provocate da germi resistenti non rispondono poi alle terapie antibiotiche”, è quanto si legge in un opuscolo pubblicato dal ministero della Salute e accessibile in rete. Il documento raccomanda ai veterinari di attenersi alle linee guida nella prescrizione dei farmaci e ai proprietari di seguire scrupolosamente le indicazioni per la posologia e le modalità di somministrazione, di conservare l’antibiotico come descritto sul foglietto illustrativo e di avvertire il veterinario se la terapia dovesse rivelarsi inefficace.

 

di Maria Cristina Valsecchi



Fonte: http://www.ioeilmiobambino.it/neonato/antibiotici-agli-animali-dagli-allevamenti-alla-tavola_salute/

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