30 gennaio 2017

Finalmente Greta!

Gaia aveva 27 anni quando il test positivo ha annunciato che c’era un bimbo in arrivo. Una notizia accolta subito con grande gioia. “Ero contentissima”, ricorda Gaia. “Appena scopri di essere in attesa la mente comincia subito a viaggiare, immaginare, sognare. Ti sottoponi ai primi esami, segui le indicazioni per evitare la toxoplasmosi, fai attenzione a quello che mangi…”. Ecco perché la delusione è tanto intensa se l’attesa si interrompe. “Tra l’ottava e la nona settimana, in occasione della prima ecografia, non c’era battito”, racconta Gaia. “Un ulteriore controllo ha confermato la diagnosi, la gravidanza si era interrotta: è stato necessario un raschiamento. È stata dura, ma tutti mi dicevano che la prima volta può capitare, che era normale”.

Trascorrono alcuni anni e inizia una nuova gravidanza. “Eravamo davvero felicissimi”, spiega Gaia. “Io mi dicevo che questa volta sarebbe andato tutto bene e invece è successo di nuovo. Due giorni dopo il raschiamento sono tornata a lavorare con la morte nel cuore. Sono stata rassicurata del fatto che fosse tutto normale, che moltissime donne perdono un bimbo nel primo trimestre. Ma quando sono rimasta incinta per la terza volta ed è capitato ancora, mi sono convinta che qualcosa non andava. Ho avuto veramente paura di non poter mai diventare mamma”.

 

Cosa dice l'ecografiaLeggi

 

Un anno di accertamenti, poi la diagnosi di trombofilia

A questo punto Gaia ha deciso di seguire il suo istinto, si è rivolta a un medico di Catania, ha iniziato un percorso diagnostico per individuare o escludere la presenza di un problema. E in effetti, un problema c’era. Un problema che non era emerso dalle normali analisi del sangue, ma che un test genetico ha permesso finalmente di diagnosticare. “Trombofilia”, spiega Gaia, “un’anomalia nella coagulazione del sangue che può causare diverse complicazioni in gravidanza. Era questa la causa degli aborti ripetuti. Una scoperta che rappresentava un importante passo avanti. Pochi giorni dopo aver ricevuto questa notizia, ho saputo di essere nuovamente in attesa. Conoscere il problema ci ha permesso di affrontarlo con terapie mirate, ma i medici che mi seguivano erano stati chiari, le cure non erano una garanzia di riuscita. Insomma, la mia gravidanza era ad altissimo rischio”. Ha inizio così un percorso a ostacoli fatto di medicine, iniezioni quotidiane, continui controlli, minacce di aborto, timori e speranza. “Dopo aver perso tre bambini, la paura è tanta, è una compagna che non ti abbandona mai”, considera Gaia. “Solo dopo il terzo mese l’ansia diminuisce un po’, ma la situazione nel nostro caso era ancora complessa. Il liquido amniotico era scarso e i medici prospettavano un parto prematuro”. La piccola Greta, però, non aveva fretta di lasciare il pancione della mamma e si arriva così al termine della gravidanza.

Liquido amnioticoLe tue domande

Un parto “solitario” e una gioia immensa

“Superare la data presunta del parto era rischioso, così il parto è stato indotto”, ricorda Gaia. “Quando le contrazioni sono partite ha avuto inizio il travaglio, che è durato otto ore. Purtroppo ero sola, perché al Policlinico dove ho partorito il marito può entrare in sala parto solo al momento delle spinte, quando la nascita è ormai imminente. I miei genitori, che erano fuori ad aspettare con lui, mi hanno raccontato che in quelle ore ha fumato tre pacchetti di sigarette! E quando i medici lo hanno chiamato perché Greta stava per nascere, era così emozionato che non riusciva a indossare il camice!”.

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Finalmente insieme, ecco che Gaia e suo marito accolgono la piccola Greta in questo mondo. “Io ero stanchissima, non ci vedevo più dalla fatica” ricorda Gaia, “lui mi diceva: ‘Guardala! Guardala!’ e piangeva. Anche io piangevo per la gioia e per il sollievo. Fuori dalla sala parto ho trovato i miei genitori che mi aspettavano emozionati. Ricordo di aver chiesto alla mia mamma come ero e lei mi ha risposto: ‘bellissima’. Cuore di mamma, quando mi sono vista in uno specchio avevo i capillari rotti per lo sforzo e il viso distrutto dalla fatica”.

 

Un amore così grande, mai provato prima

“Veramente è mia? L’ho fatta io? Ecco quello che ho pensato la prima volta in cui ho stretto la mia bambina tra le braccia. E a volte me lo chiedo ancora adesso, dopo cinque mesi”, considera Gaia. “Non sapevo che si potesse provare un amore così grande, un’emozione così intensa. Io non sono un tipo emotivo, ma Greta mi ha cambiato totalmente. Dopo tanto dolore, tre bimbi persi all’inizio dell’attesa, la scoperta di avere un problema di salute, la paura di non riuscire a diventare mamma, oggi guardo la mia bambina – il mio capolavoro – e mi dico che ce l’ho fatta”. Già, Gaia ce l’ha fatta. Con tanta determinazione, con tanta forza. Nonostante le difficoltà, è riuscita a non arrendersi, a continuare a sperare. E questo è il suo messaggio per le donne che stanno vivendo un’esperienza simile alla sua: “Non perdete mai la speranza!”.

 

Giorgia Cozza



Fonte: http://www.dolceattesa.com/gravidanza/_psicologia_salute-ed-esami/

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