3 febbraio 2017

Cinque mesi per fare un’ecografia?

L’ultima in ordine di tempo è la notizia diffusa pochi giorni fa dalla stampa: una futura mamma di Napoli ha chiamato il CUP della sua Regione per prenotare la prima ecografia di controllo della gravidanza e le è stato risposto che il più vicino appuntamento disponibile era cinque mesi dopo. Purtroppo non si tratta di un evento isolato. “Ci sono stati segnalati episodi di questo tipo in diverse parti d’Italia”, commenta Valeria Fava, responsabile dell’Area Tutela dell’Associazione Cittadinanza Attiva. “La situazione nel Paese è eterogenea: accanto a Regioni virtuose in cui le liste d’attesa in gravidanza per le prestazioni sanitarie sono brevi, ci sono realtà locali che presentano diversi problemi. Laddove le strutture pubbliche non riescono a garantire che gli esami vengano effettuati nei tempi previsti dal calendario del Ministero della Salute per l’assistenza alla gravidanza, le future mamme sono costrette a far ricorso all’intramoenia o al privato, pagando di tasca propria in parte o del tutto prestazioni che per legge sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Il fenomeno è dovuto anche al fatto che spesso i medici prescrivono controlli in più rispetto a quelli raccomandati dal Ministero e le donne si trovano con una lunga lista di esami da prenotare”. Che fare, allora?

 

Che cosa dice la legge

 

Su tutto il territorio nazionale, il servizio sanitario pubblico offre alle donne in attesa una serie di esami per il controllo dell’andamento della gravidanza, in regime di esenzione dal ticket, cioè gratuitamente. Attualmente gli esami in questione sono quelli previsti dal cosiddetto decreto Bindi del 1998. A brevissimo, non appena il decreto che rinnova i Livelli Essenziali di Assistenza verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, entrerà in vigore il calendario con l’elenco aggiornato delle prestazioni.

 

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Per prenotare gli esami cui hanno diritto, le future mamme devono ottenere l’impegnativa del medico di famiglia o del ginecologo del SSN e con quella telefonare al CUP della propria Regione.

Dal 2010 è in vigore il Piano Nazionale di Governo delle Liste d’Attesa (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1931_allegato.pdf) che prevede tempi massimi di erogazione per 58 prestazioni sanitarie: tra queste le visite specialistiche ginecologiche e le ecografie ostetriche. Per le prime è prevista un’attesa massima di 30 giorni, per le seconde di 60 giorni. Il CUP è tenuto a fissare l’appuntamento richiesto entro questi limiti di tempo in una qualunque struttura della Regione, non necessariamente nell’ospedale vicino casa o nella stessa città. In altre parole, la legge non garantisce il rispetto del limite massimo di attesa nella struttura scelta dalla donna, ma entro il territorio della Regione.

Se questo non è possibile, il Piano prevede che la futura mamma possa effettuare l’esame in regime di intramoenia, ma senza spese aggiuntive, oppure anticipando la spesa e poi ottenendo un rimborso.

“Attenzione, però”,  dice Valeria Fava. “Le disposizioni del Piano Nazionale per la Gestione delle Liste d’Attesa non comprendono tutti gli esami previsti in gravidanza. Per esempio, non riguardano l’amniocentesi o la traslucenza nucale”.

Per quanto riguarda, invece, gli esami e le prestazioni urgenti che possono essere prescritti se sopravviene una complicazione, il CUP è tenuto a fissare appuntamenti in tempi ancora più brevi: al massimo entro 72 ore se sull’impegnativa il medico ha indicato la lettera U (urgente), entro 10 giorni se l’impegnativa riporta la lettera B (breve). Il medico curante stesso può chiamare il CUP e ottenere un appuntamento in tempi brevissimi dichiarando l’urgenza del caso.

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E se il CUP supera i tempi massimi?

 

Tornando alle prestazioni di routine, che cosa può fare la futura mamma per assicurare il rispetto dei propri diritti se gli operatori del CUP le propongono un appuntamento troppo in là nel tempo, oltre il limite previsto? “Innanzi tutto le conviene ricordare a voce all’operatore del CUP l’esistenza del tempo d’attesa massimo previsto dalla legge”, risponde Fava.

Se ciò non bastasse, la procedura raccomandata da Cittadinanza Attiva  è di farsi rilasciare dal CUP un dichiarazione scritta che attesta l’impossibilità di fissare un appuntamento entro il tempo massimo, quindi inviare una raccomandata al direttore della struttura sanitaria dove si intende fare l’esame, allegando copia della dichiarazione del CUP e dell’impegnativa del medico e chiedendo, in virtù del Piano Nazionale di Governo delle Liste d’Attesa, di effettuare l’esame in regime di intramoenia gratuitamente. Di fronte a un rifiuto in tal senso, anche questo documentato per iscritto, la futura mamma potrebbe effettuare l’esame a pagamento in regime di intramoenia e poi intentare causa chiedendo il rimborso delle spese. “Mi rendo conto, però, che una procedura di questo tipo è lunga e complicata e non sono molte le mamme in attesa disposte a impegnarsi in una causa”, dice Fava. “Meglio adottare qualche precauzione per tentare di prevenire problemi”.

 

Programmare per tempo

 

“Il consiglio pratico che mi sento di dare a una donna che scopre di aspettare un bimbo”, prosegue, “è di parlare con il medico curante e farsi prescrivere subito tutti gli esami di routine previsti nel corso dell’attesa, quindi chiamare il CUP e prenotarli secondo il calendario raccomandato. Salvo casi eccezionali, attivandosi all’inizio della gravidanza è possibile ottenere gli appuntamenti al momento giusto”.

Rivolgendosi al consultorio di zona, si può avere un aiuto in tal senso dalle ostetriche e dai medici della struttura. “Numerose ASL hanno predisposto dei percorsi protetti per le future mamme, con la consegna alla prima visita di un libretto della gravidanza e la prenotazione automatica degli esami raccomandati nei tempi giusti”, dice Vito Trojano, vice presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia. “Negli ambulatori ospedalieri dedicati all’assistenza alla gravidanza fisiologica e a quella patologica, in occasione del primo colloquio il personale sanitario è solito illustrare alla donna in attesa l’intero calendario degli esami previsti nell’arco dei nove mesi e la sollecita a prenotare subito quello che va prenotato. Per quanto riguarda le visite di controllo, si cerca di organizzare le scadenze in modo tale che sia sempre lo stesso medico a incontrare la futura mamma, in modo da creare una certa continuità assistenziale”.

 

Maria Cristina Valsecchi



Fonte: http://www.dolceattesa.com/gravidanza/2_salute-ed-esami/

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