2 febbraio 2017

Coliche del neonato: sai cosa fare?

Cominciano nel tardo pomeriggio o alla sera: almeno tre ore di pianto inconsolabile che impediscono al bebè di dormire e gettano nello sconforto mamma e papà. È vero, si risolvono da sole entro i 3 o i 4 mesi e sono benigne. Ma disturbano la qualità del sonno del bimbo, e in alcuni casi le difficoltà di addormentamento possono perdurare anche oltre. Esiste, infatti, una correlazione tra le coliche e le insonnie del primo anno di vita: dalle ricerche risulta che il 90% dei bambini che a 9 mesi ha risvegli frequenti ha sofferto di coliche in passato. Ancora non si sa con certezza da cosa siano causate e non esiste un protocollo terapeutico codificato, applicabile in ogni situazione. Ogni bambino va valutato in base alla sua storia. Ma le ipotesi delle coliche del neonato sono tante, così come i possibili rimedi.

 

A ciascuno la “sua” causa

Su un punto la ricerca concorda: le coliche del neonato hanno un’origine multifattoriale. Diverse cause concorrono a provocare questo mal di pancia, in tanti tipi diversi di bambini. C’entra anche il temperamento, più o meno ‘difficile’, e le ansie dei genitori, spesso alle prese con il primo figlio. Tra i principali indiziati, i disturbi legati al pasto, una propensione alle allergie (il 25% dei lattanti con coliche moderate o severe risulterà poi allergico al latte vaccino) o, ancora, l’intolleranza al lattosio. “In passato le coliche erano attribuite al meteorismo, cioè a un’eccessiva produzione di gas, mentre oggi l’aria nel pancino è considerata un effetto più che una causa”, spiega il pediatra Francesco Savino, impegnato da anni sul fronte della ricerca all’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino. “L’ipotesi più accreditata chiama in causa la microflora intestinale. In un nostro primo lavoro abbiamo visto che i bambini con coliche presentano una flora microbica diversa e, più recentemente, abbiamo osservato con l’utilizzo di metodiche di identificazione molecolare che nelle loro feci è presente una maggiore concentrazione di batteri coliformi, in particolare Escherichia coli, rispetto al gruppo di controllo, cioè ai bambini ‘sani’”. L’alterazione della flora potrebbe ‘sregolare’ la normale funzione intestinale e aumentare la produzione di gas, con la conseguente comparsa del tipico dolore alla pancia.

 

Come riconoscere il pianto da colica?

Il dolore delle ‘colichette’ provoca un pianto caratteristico: il bebè urla forte, a lungo, flette ed estende le gambette, si contorce, si contrae ed emette aria. Non si riesce in alcun modo a consolarlo, tanto che spesso il primo attacco si conclude con una corsa al Pronto Soccorso. Secondo la nota ‘regola del tre’, che risale agli anni Cinquanta, un bimbo ha davvero le coliche quando piange per più di tre ore al giorno, con una frequenza pari ad almeno tre giorni alla settimana e da almeno tre settimane consecutive. Ma oggi non si aspetta più così a lungo. “Ogni bambino che ‘piange molto’ va valutato singolarmente dal pediatra in base alla sua storia, alle caratteristiche del pianto, alla consolabilità e al comportamento psicomotorio globale”, afferma Gherardo Rapisardi, direttore di Pediatria e Neonatologia dell’Ospedale S. Maria Annunziata di Bagno a Ripoli (Firenze). Bisogna capire se si tratta di un pianto fisiologico (da fame o da mancata evacuazione) ed escludere che sia causato da altre malattie organiche (come il reflusso, che però provoca il pianto solo durante il pasto e subito dopo mangiato). “Non basta una diagnosi telefonica: il bambino va sempre visitato e il pediatra non deve sminuire il disturbo. Se il genitore non si sente rassicurato, cercherà poi di risolvere il problema ricorrendo ad altre consulenze o auto-prescrizioni”, aggiunge Francesco Savino. La scelta della strategia più adatta dipende dall’entità dei sintomi e dal contesto familiare, più o meno apprensivo.

 

Gli stratagemmi per la nanna

Come primo approccio, vengono di norma suggeriti alcuni accorgimenti, da tentare subito, per alleviare il dolore e aiutare il bebè ad addormentarsi. “Per favorire il riposo, occorre assecondare i segnali del bambino, come si fa di solito: bisogna lasciarsi guidare dal loro comportamento – perché le manifestazioni di fame e di sonno precedono sempre di molti minuti l’agitazione e il pianto – e avere chiaro che mamma e papà, con il loro atteggiamento, danno al bambino una routine conforme alle abitudini familiari e dell’ambiente culturale di appartenenza”, afferma Gherardo Rapisardi. Per cominciare, occorre ridurre al massimo gli stimoli esterni (luce, rumori, fumo) ed evitare di mettere il piccolo in posizione orizzontale subito dopo il pasto. Ma più di tutto vale la consuetudine di consolare e cullare affettuosamente il bebè con movimenti ritmici, praticando un leggero massaggio all’addome o, in posizione prona, alla schiena. “Non è necessario imparare una particolare tecnica di massaggio, né rivolgersi a esperti: bastano il calore e la sicurezza trasmessa dai genitori”, puntualizza Francesco Savino. Molti utilizzano il marsupio, altri ricorrono al ‘giro in macchina’. Solo se tutto ciò non serve, possono essere prese in considerazione altre soluzioni.

 

Meglio evitare i farmaci?

“Se il bebè, allattato al seno, piange non soltanto alla sera, magari ha frequenti rigurgiti o, appena iniziata la poppata, si stacca e si mette a piangere, il pediatra può sospettare che all’origine delle coliche vi siano difficoltà con l’alimentazione, talvolta anche intolleranza o allergie alle proteine del latte vaccino”, spiega Rapisardi. L’esclusione dalla dieta materna di alimenti ad alta potenzialità allergenica, tuttavia, è efficace contro le coliche solo in (pochi) casi selezionati. E anche i farmaci andrebbero riservati soltanto ai bambini che hanno coliche severe, come ‘ultima spiaggia’. Secondo la letteratura scientifica, il simeticone, da sempre utilizzato contro il meteorismo, può essere considerato a livello di un placebo, mentre il cimetropio bromuro, antispastico, è risultato efficace nel risolvere le crisi di pianto da coliche intense, ma può avere effetti collaterali e va quindi prescritto dal pediatra (non è un farmaco da banco). Per evitare i farmaci, molte mamme ancora oggi ricorrono ai rimedi di un tempo, come la tisana di finocchio. La polemica di qualche anno fa sull’estragolo, contenuto nei suoi semi, è stata archiviata (l’infuso non può essere dannoso nelle quantità assunte da un lattante). Ma i pediatri, in genere, consigliano di evitarle per non interferire con l’allattamento, visto che l’assunzione di liquidi può ridurre il senso di fame e disturbare la poppata.

 

Un aiuto dalle goccine di probiotico

La ricerca sta piuttosto puntando sui probiotici: il Lactobacillus reuteri è risultato il ‘batterio buono’ più efficace per migliorare l’equilibrio della flora intestinale in caso di coliche. Non solo: l’équipe del pediatra Francesco Savino ha dimostrato che i sintomi diminuiscono nel giro di 7-14 giorni. Dopo un mese, il tempo medio delle crisi di pianto si era ridotto del 70-75% nel gruppo di lattanti trattati con Lactobacillus reuteri rispetto al 25-30% del gruppo trattato con simeticone. Nelle ricerche successive è stata anche dimostrata la modificazione della flora intestinale. Ma allora perché non prescrivere le gocce a tutti? Anche in questo caso, esiste una variabilità individuale di risposta: è probabile che chi ha una flora ‘squilibrata’ ricavi un maggior beneficio.

 

di Chiara Sandrucci

 



Fonte: http://www.ioeilmiobambino.it/neonato/coliche-del-neonato_salute/

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