12 febbraio 2017

Cosmetici amici in gravidanza

Durante l’attesa lepidermide tende a diventare più sensibile e, soprattutto nel primo trimestre, può andare incontro con maggior facilità a problemi di cui non si è mai sofferto, come prurito, irritazioni, seborrea, manifestazioni legate soprattutto all’aumento del progesterone nella prima fase della gravidanza. A partire dal quarto mese, con l’aumento degli estrogeni comincia un periodo di maggiore benessere per la pelle, ma la maggiore irritabilità cutanea persiste. Proprio per questo,  può capitare che anche cosmetici che non avevano mai causato problemi, possano provocare reazioni: ecco perché è necessario prestare qualche attenzione in più.

Occhio all’etichetta!

Ogni cosmetico è composto essenzialmente da un principio attivo e da un veicolo, che è la sostanza in cui il principio attivo viene diluito e che è quindi la parte presente in percentuali maggiori. A oggi, quasi tutti i veicolanti sono sostanze chimiche, assai spesso derivate dal petrolio come il petrolatum, i parabeni, la paraffina (o paraffina liquida), gli oli minerali, la vaselina chimica, i siliconi. Il loro compito è quello di conferire scorrevolezza e spalmabilità al prodotto e dare un effetto levigante. Il problema è che a lungo andare possono irritare e seccare la pelle, ma anche ostruire i pori e favorire la formazione di foruncoli e impurità, a maggior ragione su una cute più delicata come quella di una donna in attesa. Inoltre, sono sempre più numerosi gli studi sulla potenziale cancerogenicità di alcuni composti chimici ed in gravidanza, ancor più che negli altri periodi, è meglio eccedere in precauzione. Questo naturalmente non significa che tutte le sostanze chimiche sono “cattive”: si pensi alle vitamine A, C, E, che sono preziosi antiossidanti ricavati da processi chimici “sicuri”.

La paraffina è pericolosa?Cosa dice l'esperto

D’altro canto, ci sono tantissimi derivati vegetali che possono a buon diritto sostituire composti chimici potenzialmente dannosi: l’olio di mandorle dolci, di jojoba, di oliva, di germe di grano sono non solo ottimi principi attivi ma anche ottimi conservanti, decisamente innocui rispetto a sostanze dai nomi complicati, tipo Diazolydinyl urea, Imidazolidinyl urea, Dmdm Hydantoin, Bronopol, che sono cessori di formaldeide, una sostanza altamente cancerogena, che è stata bandita anni fa dai cosmetici ma è, per così dire, rientrata dalla finestra.

Ingredienti: pochi ma buoni

In pratica, allora, come regolarsi per fare una scelta consapevole senza farsi cogliere da eccessivi allarmismi (e senza essere costrette a prendere una laurea in chimica)? Ecco tre semplici indicazioni:

  1. Le sostanze chimiche non vanno “demonizzate” a priori poiché, oltre a rendere più gradevole l’applicazione di un prodotto, ne garantiscono la stabilità e l’efficacia nel tempo, ma è bene che certe sostanze siano contenute in piccole quantità. In base all’INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients), gli ingredienti di un cosmetico devono essere riportati in etichetta in ordine decrescente, cioè partendo da quelli presenti in percentuale maggiore per arrivare a quelli in quantità minore. È preferibile allora un prodotto in cui componenti come vaselina o siliconi siano segnati in fondo alla composizione che uno in cui compaiano in testa alla lista.
  2. I nomi delle sostanze di origine naturale sono scritte con il termine latino, mentre i composti sintetici o semisintetici sono in inglese: ben venga, quindi, un prodotto che all’inizio della composizione ha in gran parte termini latini.
  3. Meno lungo è l’elenco degli ingredienti, meglio è. Le sostanze presenti in un prodotto possono interagire con quelle contenute negli altri cosmetici, aumentando il rischio di reazioni cutanee. Ogni cosmetico contiene in media 20 sostanze diverse e, se si considera che dopo il detergente si applicano l’idratante, il fondotinta, la cipria, il fard, il rossetto… alla fine si può arrivare a una somma di un centinaio di sostanze!
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Una garanzia in più? La certificazione

Non esiste una normativa che obblighi le aziende cosmetiche ad avere una certificazione, ma è un valore aggiunto. Gli enti certificatori sono numerosi – Icea, Ecocert, Ecolabel, BDIH, Skineco, tanto per fare alcuni nomi – e ognuno di loro può richiedere il rispetto di determinati requisiti, ad esempio di eliminare o limitare al minimo indispensabile l’uso di certi ingredienti, di usare in percentuale maggiore sostanze di origine vegetale, di limitare il packaging o fare attenzione a usare materiali riciclati o riciclabili per gli imballaggi. In generale, tutto quello che c’è scritto sull’etichetta può aiutarci a fare una scelta più consapevole: diciture del tipo “senza petrolati”, “privo di parabeni”, “senza siliconi”, “senza coloranti” o “con ridotte quantità di conservanti” sono tutti plus di un prodotto.

Non comprare alle bancarelle

I prezzi delle bancarelle sono invitanti, ma è bene non farsi tentare. Soprattutto durante la gravidanza bisogna evitare di comprare in canali di vendita non ufficiali. Anche se si trovano marche note, potrebbe trattarsi di linee uscite di produzione o comunque di prodotti già scaduti, senza considerare che non sappiamo in che modo siano stati conservati. A maggior ragione devono essere evitati i prodotti contraffatti o di marche ignote.

Ok ai cosmetici non testati sugli animali

Dal 2005 in Italia (e in Europa) la legge vieta di effettuare sperimentazione animale sui prodotti finiti, tuttavia, fino all’11 marzo 2013, è consentito testare su animali le materie prime. Secondo le indicazioni del Ministero della Salute, attualmente un’azienda può specificare in etichetta l’assenza di test su animali “solo a condizione che il fabbricante e i suoi fornitori non abbiano effettuato o commissionato sperimentazioni animali sul prodotto finito, sul suo prototipo, né su alcun suo ingrediente e che non abbiano usato ingredienti sottoposti da terzi a sperimentazioni animali al fine di ottenere nuovi prodotti cosmetici”. Anche se l’etichetta non riporta alcuna dicitura, dunque, si può star sicuri che, almeno il cosmetico che troviamo sugli scaffali, non è stato testato sugli animali. “Oltretutto è una pratica che non serve assolutamente a nulla, sia perché i possibili effetti collaterali di un cosmetico non si limitano solo alle reazioni cutanee sia perché l’animale ha una pelle diversa da quella umana, con una reattività e un potere assorbente diversi, quindi un prodotto innocuo per l’animale potrebbe non esserlo per l’uomo e viceversa”, commenta Romano.

Attente alla scadenza

Una bellezza amica della pelle significa anche evitare di usare una crema oltre la scadenza. Per legge, è obbligatorio indicare la data di scadenza solo se un prodotto ha una durata inferiore a 30 mesi; tutti gli altri cosmetici devono riportare il cosiddetto PAO (in inglese Period After Opening), ossia il tempo entro il quale il prodotto aperto garantisce efficacia e sicurezza. Il PAO  è simboleggiato da un barattolino aperto all’interno del quale è stampato il numero dei mesi di conservazione. Non solo non bisogna applicare creme e trucchi dopo la scadenza, ma il prodotto va buttato anche prima se si notano segni di alterazione, ad esempio se la parte liquida si separa da quella cremosa o se l’odore cambia. Qualche piccolo suggerimento per “tener buoni” i cosmetici? Dar la preferenza a flaconi “airless”che preservano dal contatto con l’aria, prelevare la crema dal vasetto con una spatolina e, se non si usa un prodotto per un po’, conservarlo in frigo o, almeno, non in bagno!

No ai trattamenti “artificiali”

La gravidanza non è il momento per scolpire la silhouette, cancellare gli inestetismi o essere abbronzate a tutti i costi. Ecco perché è indicato applicare creme per mantenere la pelle idratata ed elastica, fare massaggi per tenere a bada i “cuscinetti”, esporsi al sole con la dovuta protezione per avere un bel colorito. Ma non è opportuno sottoporsi a trattamenti extra, inutili in questo periodo o potenzialmente dannosi. No, durante l’attesa, a tutti i trattamenti di medicina estetica, come peeling, laser, iniezioni di qualunque tipo. E questo non perché vi sia una dimostrata dannosità per il feto (nessuno mai si sognerebbe di condurre sperimentazioni di questo tipo su donne in attesa!) ma proprio perché sono trattamenti più “forti” e assolutamente non necessari e, quindi, non è il caso di correre inutili rischi, se non altro di irritare la pelle.

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Fonte: http://www.dolceattesa.com/gravidanza/cosmetici-amici-in-gravidanza_bellezza_benessere/

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